venerdì 6 agosto 2010

Filmssssss 2

Mignon è partita
Francesca Archibugi, 1988

Scorcio di un anno sui Forbicioni, una famiglia romana che in quell’arco di tempo ospita Mignon, una cuginetta nata e cresciuta a Parigi.
In questa storia semplicissima e delicata i bambini la fanno da padrone con la loro vitalità, i problemi di cuore, gli screzi, le risate, mentre però assistono in silenzio ai litigi dei genitori e alle difficoltà dei parenti: la madre che piange, casalinga chiusa fra le mura domestiche e il tran-tran quotidiano; il padre assente munito di strambi alibi lavorativi per nascondere (malamente) la relazione extra-coniugale; gli zii che rimpiangono di non aver figli e quelli invece che hanno problemi con la legge.
In sostanza è un film di formazione sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza, costruito su una commistione di toni umoristici e di riflessione.
Bravissima Stefania Sandrelli, nel ruolo della madre, e i due giovani attori che interpretano Mignon e il cugino Giorgio, veri protagonisti del film.

8/10


Il mio vicino Totoro
Hayao Miyazaki, 1988

Ci sono voluti venti, e dico VENTI anni perché questo film arrivasse anche sugli schermi italiani... stendiamo un velo pietoso...
Le sorelline Mei e Satsuki si trasferiscono in campagna con il padre per stare più vicini alla mamma ricoverata in ospedale. La casa che andranno ad occupare, circondata da un aura bucolica, si rivelerà già abitata da strani inquilini con cui però le bambine faranno subito amicizia.
Io l’ho trovato semplicemente fa-vo-lo-so, vi si ritrovano praticamente tutti i temi ricorrenti delle opere di Miyazaki - l’infanzia, il volo, i personaggi femminili come protagonisti, il fantastico, il sogno, il rispetto per la natura - in una poeticità tenerissima che tocca le sequenze più irreali fino a quelle in cui si affronta l’angoscia per la malattia materna.
E’ un film lieve, gioioso, buffo (Totoro e il Gattobus in primis!) e devo dire che, messo a confronto con pellicole dello stesso autore più recenti (Il castello errante di Howl), sinceramente Totoro è ancora molto più straordinario nel racconto di una quotidianità fatata di due piccole bambine.

10/10


The village
M. Night Shyamalan, 2004

La prima volta che l’ho visto su Sky era già iniziato e mi ero persa metà del film, sono andata avanti comunque rapita dall’ambientazione di fine ‘800, la solitaria radura circondata da tetri e angoscianti boschi, il male che incombe e tutta la salvezza della comunità rurale appioppata ad una tenace ragazza cieca.
Quella volta ero arrivata ai titoli di coda con un enorme spavento e la certezza di essere di fronte a un film fighissimo e dell’aver perso 2/4 di trama non me ne fregava niente, ero contenta e soddisfatta così.
Qualche settimana dopo l’ho ribeccato sempre su Sky e allora lì sì che me lo sono rivisto ma questa volta dall’inizio.
Ecco, devo dire che il bis non va a favore di un film strutturato come “The village”: l’effetto sorpresa e rivelazione finale si ammoscia e guardarselo foss’anche solo per apprezzare i virtuosismi stilistici non serve. Di stile non c’è praticamente nulla e tutto il film regge sulla costruzione di (questa sì) una riuscitissima trama in cui si spiega come la menzogna possa tornare utile a “costringere” subdolamente i cittadini in un determinato habitat e stile di vita. Teoria applicabile anche ai giorni nostri.

7/10


La nostra vita
Daniele Luchetti, 2010

Claudio perde la moglie mentre sta partorendo il loro terzo figlio. Rimasto solo con tre bambini decide di darsi da fare in qualche modo per dare loro una vita felice, ma lo fa sbagliando di grosso: sostituisce l’affetto e la serenità di un padre con i soldi e le cose materiali e per avere entrambi finisce in un giro di abusivismo e a capo di lavori edilizi in nero.
Un personaggio un po’ scomodo, fastidioso per la sua strafottenza, si riesce a essergli vicini solo nell’elaborazione del lutto - toccante la scena del funerale, con un Elio Germano strabiliante in una introspezione psicologica fortissima - il resto è irritante: il fratello sfigato e zitello, la scena del “Puoi contare su di noi, sulla Famigghia”, la scopata con la locandiera rumena per cercare di superare anche sessualmente la perdita della moglie, ma soprattutto il voler essere un film moralista sugli imbrogli e le debolezze dell’Italia di oggi quando per 3/4 di storia si affonda il dito nella piaga e poi nel finale tutto si aggiusta e vissero sereni e satolli...

5½/10