mercoledì 16 gennaio 2013

Oggi è la mia festa



Oggi è la mia festa. Benedetta Bianchi Porro nel ricordo della madre
Carmela Gaini Rebora
EDB, fuori catalogo

La prima volta che sentii parlare di Benedetta Bianchi Porro fu all’oratorio durante gli incontri settimanali organizzati dalla parrocchia per (gli allora) giovani delle scuole medie; avevo dodici anni ed ero sempre curiosa dei consigli e degli approfondimenti di lettura che scaturivano da quei pomeriggi passati con gli animatori più grandi e il parroco. E lì Benedetta fu presa ad esempio per la fede e la forza spirituale che la aiutarono enormemente quando scoprì, nel 1956 all’età di ventanni, di essere affetta da una malattia genetica.
Da tempo il morbo, quando non ancora diagnosticato, le aveva già causato sordità e problemi alla vista, questo però non le aveva impedito di iscriversi con grande anticipo all’università - appena diciassettenne - portando a termine poi, certo tra grandi sacrifici, tutti gli esami della facoltà di Medicina.
Il decorso della malattia infatti fu lento e doloroso, e la portò gradualmente e poi per cause esterne (errori durante gli interventi chirurgici...) alla totale infermità, sordità e cecità.
L’unico modo che le permetteva di seguire la quotidianità famigliare e lo scambio di parole con chi la veniva a trovare era l’alfabeto tattile; fondamentale fu poi come detto la spiritualità, l’umiltà e la comunione con Dio, che sentiva vicinissimo.
Questo libro contiene brani del diario di Benedetta e i ricordi della madre che risponde a domande della curatrice della raccolta.
Il diario di Benedetta, iniziato nel maggio del 1944, riporta i pensieri di una bambina prima e poi, via via, le riflessioni di una ragazza che sta diventando donna, per terminare con pensieri puramente incentrati sulla fede, in cerca di conforto durante i difficili momenti della malattia.
Credo che la storia di Benedetta possa essere tenuta ad esempio anche da chi non sia necessariamente credente, è infatti prima di tutto un grande esempio di come si possa reagire alle disgrazie della vita riuscendo a restare forti e lucidi con grande volontà.

9/10

mercoledì 9 gennaio 2013

Sopravvissuta ad Auschwitz


Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre, fra le ultime testimoni della Shoa
Emanuela Zuccalà
Paoline Editoriale Libri, 11 €

Questo libro raccoglie la testimonianza di Liliana Segre, deportata da Milano ad Auschwitz nel gennaio ’44 col padre quando lei era appena tredicenne.
Farà ritorno a casa nell’agosto del 1945, sola, dopo aver superato anche la “marcia della morte” verso la Germania.
Il suo racconto si concentra su cosa vuol dire tornare alla normalità dopo aver subito esperienze difficilissime e situazioni di vita all’estremo: la femminilità completamente cancellata da un anno di prigionia e l’indurirsi del carattere per non soffrire; i problemi a relazionarsi con chi non sa cosa vuol dire essere stata deportata; poi accorgersi di essere amata e corteggiata, lo scoprirsi di nuovo donna e diventare madre dando alla luce tre figli; costruire così una famiglia nella serenità e vivere fino in fondo la vita, che è una cosa bellissima.
Ammetto che la mia curiosità MORBOSA avrebbe trovato “soddisfazione” se il racconto si fosse soffermato anche sui dettagli più intimi di vita quotidiana all’interno del campo di concentramento, ma questo per fortuna non avviene per volere stesso di Liliana che ritiene appunto cosa non opportuna e di cattivo gusto...
Vi consiglio questo libro e soprattutto di ragionare sulla frase seguente di Liliana, che sono sicura vi farà vivere tutto in maniera diversa e più consapevole:

“Non dite mai non ce la faccio più quando siete stanchi di studiare o di qualsiasi altra cosa, perché non è vero. Il corpo umano e la mente sono talmente forti e straordinari da riuscire a compiere autentici miracoli; la vita è un bene così meraviglioso e irripetibile da spingerci a fare qualsiasi cosa pur di conservarlo.”

9/10