mercoledì 17 novembre 2010

Acciaio


Acciaio
Silvia Avallone
Rizzoli, 18 €

Avevo parlato tempo fa del mio rigetto verso i finalisti/vincitori del Premio Strega, ci risiamo: “Acciaio” è stato il secondo classificato dell’edizione 2010 di questo premio letterario. E non mi è piaciuto.
Ambientato nello squallore di un paese (Piombino) fatto di casermoni popolari e bagnato da un mare che sembra una bagnarola stantia e sul quale incombe, paragonata a un enorme presenza fallica e mostruosa, l’acciaieria Lucchini, il libro ha per protagoniste due adolescenti e il contorno delle loro famiglie, vicini di casa e compagni di scuola.
Tutto nel libro è sfatto, marcio, desolante: i papà di Anna e Francesca sono dei fancazzisti affetti da menefreghismo verso qualsiasi dovere coniugale/famigliare, oppure adorano passare il tempo a ridurre in schiavitù psicologica e fisica le donne di casa mentre raggiungono la libidine nello spiare la propria figlia in costume. Le madri delle due ragazzine passano la vita a mandar giù merda oppresse dai mariti pur avendo capricci da suffragetta/femminista (la mamma di Anna). I ragazzi del quartiere, operai nell’acciaieria, per sopportare i massacranti turni di lavoro ma allo stesso tempo spassarsela in discoteca quattro ore prima dell’inizio del turno in fabbrica, si strafanno di cocaina pensando che la vita è uno schifo, lavorare è uno spreco e che sarebbe meglio metter su un giro di contrabbando di rame rubato e/o diventare spacciatori a tempo pieno; salvo poi ammorbarci con pistolotti etico-morali quando Alessio, fratello di Anna, litiga con il padre che gli propone minimi sforzi (truffe e riciclaggio) e massima resa (un sacco di soldi, belle macchine) e il ragazzo gli risponde che lavorare è bello, spaccarsi la schiena in acciaieria e sentirsi stanchi è bello e guadagnarsi da vivere decorosamente è lo scopo della sua vita, quando invece fino a quel momento si bombava di coca per affrontare meglio (!) le 40 ore settimanali in acciaieria...
Il complesso edilizio in cui si svolge la storia è un immondezzaio in cui c’è gente che urla e litiga col vicino tutti i giorni, gli inquilini sono smorti e ciabattano perennemente, i bambini pisciano giù per le scale e la sporcizia appiccica tutto.
Anna e Francesca sono invece l’unica cosa coerente in tutto il libro: bambine provocanti e curiose di conoscere l’altro sesso, con aspirazioni da velina, consapevoli di essere spiate dai vecchi bavosi del palazzo di fronte, fingono di sentirsi grandi senza capire inizialmente che l’attrazione verso l’altra è amore e non solo un gioco per fare esperienza. Oggi praticamente il 90% delle tredicenni è superficiale e ostenta una maturità pressoché inesistente, che diventa poi strafottenza. Proprio come Anna e Francesca e il contorno di amiche. Poi che le due protagoniste scoprano l’omosessualità è un elemento poco rilevante, dato che dal modo di trattare l’argomento mi è parso più un’occasione di mettere in scena situazioni erotiche che al contrario un momento per riflettere su un argomento di tanta portata, visto anche che le persone in oggetto hanno SOLO tredici anni.
Aggiungiamoci poi che il libro passa anche per l’estate del 2001 ed immancabile è il capitolo dedicato all’attacco alle Torri Gemelle e che siccome il titolo del romanzo è “Acciaio” allora: fabbrica-forza lavoro-macchinari e dove si arriva? a un operaio morto sul posto di lavoro.
Poi si scivola verso un finale sbrigativo che chiude un libro veramente pieno di stereotipi, il cui stile di scrittura è banale e piatto - per leggerlo ho impiegato due sere, di certo di spessore lessicale non ce n’è... - e di gran lunga sopravvalutato.

4/10