lunedì 30 marzo 2009

John Lindqvist e Espedita Fisher

Lasciami entrare

John A. Lindqvist

Farfalle, Marsilio, 17.50 €

Ero partita un po’ prevenuta con questo libro, che ho iniziato a leggere solo perché avevo in previsione di vederne il film al cinema, con sorpresa però mi ha subito colpita positivamente e me lo sono letta in brevissimo tempo.

La tetra periferia di Stoccolma è investita da una serie di truculenti omicidi che “aiutano” a mettere in scena la delicata e tenera storia d’amore e di crescita tra due adolescenti, Oskar ed Eli, e a dare uno sguardo a una società composta da ragazzini, uomini e donne disillusi e affetti da vizi e debolezze (bullismo, depressione, pedofilia, alcolismo, incapacità di relazionarsi col prossimo); persone, queste, che fanno da contorno e/o vivono proprio a contatto con i due ragazzini protagonisti. Io, che credevo di trovarmi di fronte a un horror gotico scontatissimo e poco avvincente (il boom di questo genere letterario nell’ultimo periodo ha avuto un’impennata non indifferente portando il tutto alla saturazione...), ho dovuto ricredermi perché “Lasciami entrare” non è solo costruito sul mito del vampiro ma anche sulla descrizione di che cos’è la solitudine e il bisogno dell’altro per sentirsi completi e sereni.

La figura del vampiro inoltre qui è mostrata non come l’affascinante essere eterno capace di soggiogare l’uomo con la sua ambiguità seducente, ma bensì come la costrizione più cupa e ricca di aspetti negativi che possa capitare a una persona: Eli - ormai lo sanno tutti che è una vampira - nel corso del romanzo non si dispenserà dal mettere in luce a Oskar i lati bui della sua esistenza senza fine. Essendo anche Oskar un bambino ai limiti della società, per motivi diversi ovviamente, troverà nell’amore per Eli, e così viceversa, il sostegno che mancava ad entrambi.

Il genere horror c’è comunque tra le pagine di questo romanzo, infatti fino all’ultima pagina è sempre presente tra scene splatter e inquietanti molto ben scritte, però come già ho detto la bellezza del libro sta anche in altro.

8½/10

Clausura - Le nuove testimoni dell'assoluto

Espedita Fisher

Le Navi, Castelvecchi, 16 €

Anche Espedita Fisher era ospite in quella puntata di “Le storie” di Corrado Augias, al contrario di Alina Marazzi non mi aveva fatto una bella impressione: sorrideva troppo e fissava tutti con eccessiva serenità divina...

A parte questo, l’interessante saggio da lei scritto è frutto di una lunghissima e difficoltosa ricerca di suore claustrali disposte a raccontare la loro esperienza personale.

Tantissime sono le brevi interviste racchiuse nel volume, quasi tutte raccontate in prima persona, che sinteticamente riassumono per ciascuna monaca l’infanzia, la maturità sia psicologica che spirituale che le ha portare ad avvicinarsi alla fede, il perché della scelta di entrare in clausura e infine il credo personale di ognuna.

Mi ha sorpresa il constatare come l’approccio con la clausura sia stato praticamente esclusività di donne già adulte (quasi tutte hanno preso i voti poco dopo i 20 anni) e soprattutto ben istruite e laureate. Alcune avevano progetti di matrimonio, un buon lavoro, altre un compagno; una suora addirittura una famiglia e rimasta vedova con i figli già grandi ha preso i voti dedicandosi completamente alla fede.

Altre invece ho notato, dal modo in cui parlano della loro giovinezza, come in realtà fossero molto schive, timorose verso il prossimo - queste stesse suore rivelano in più di un caso di essere state fortemente innamorate di un loro coetaneo in gioventù ma di aver scelto comunque di vivere il sentimento in silenzio e in maniera platonica - in un certo senso quindi c’è una difficoltà di fondo all’approccio con gli altri, e mi viene da pensare che in fondo una scelta di vita così radicale come la clausura non sia stata molto difficoltosa da raggiungere, perché il pensiero di quelle donne era già proiettato verso una concezione di vita simile.

Una monaca però rivela come sia stato traumatico, dopo una convinzione fortissima, trovarsi però effettivamente in clausura: durante tutto l’anno che ha preceduto la sua decisione di lasciare la clausura ed occuparsi di fede e cristianità in maniera diversa, ha avuto continue perdite mestruali e uscita definitivamente dal convento non ha nemmeno trovato immediatamente solidarietà, perché in molti non capivano come mai avesse scelto di “uscire”.

Ci sono tanti aspetti interessanti da scoprire, attraverso questo libro, di un mondo fino a pochi anni fa conosciuto in maniera poco approfondita soprattutto dai profani (vigeva ancora l’isolamento totale per le suore e solo recentemente i monasteri hanno aperto le porte ai fedeli); avrei preferito però meno testimonianze brevi a favore di interviste più analitiche anche a costo di ridurre di molto il numero degli interventi apparsi nel libro, perché a lungo andare mi sono sembrati tutti molto simili tra loro...

Comunque l’ho trovato molto utile e ben scritto, tanto che mi ha fatto riflettere sul concetto proprio di clausura. Soprattutto nel momento in cui ho letto di come queste monache siano fortemente convinte che digiunare, pregare incessantemente e fare penitenza possa salvare il mondo dai mali odierni e redimere le vite tormentate e degradanti di, chessò, una prostituta o di un serial killer di cui hanno letto sul giornale.

Ma partecipare attivamente all’aiuto di queste persone, fuori dalle quattro mura in cui si sono rinchiuse, non sarebbe più tangibile (e utile) per il prossimo...?

8/10

martedì 24 marzo 2009

La scuola in due film

La classe (Entre les murs)

Laurent Cantet

Francia, 2008

Un professore e una classe multietnica di una scuola media parigina. Il film li segue durante tutto un anno scolastico, mettendo in luce le difficoltà e i (rari) momenti di incontro tra le due parti.

Se il primo ce la mette tutta per infondere in quelle giovani menti il Sapere, il piacere di imparare e arricchirsi culturalmente, la seconda (cioè l’intera classe) da settembre a giugno non fa altro che sfottere il professore, trattarlo con strafottenza e solo sporadicamente far finta di ascoltare con interesse quello che gli viene insegnato, nonostante il giovane professore non si faccia abbattere dalla maleducazione e dalla svogliatezza degli scolari.

Quando arriva l’estate e l’anno scolastico è volto al termine, l’insegnante cerca ti tirare le somme attraverso un confronto diretto di tutti quei mesi passati insieme sui banchi. Ce l’avrà fatta a far crescere e a responsabilizzare quei ragazzi? Le risposte che gli vengono date dagli studenti sono diversissime fra loro, ma emblematica è quella di una ragazzina che spiazza sia il professore e che gli spettatori: “Io non ho imparato niente”.

E una desolante sequenza finale sui banchi vuoti di una classe vuota - in attesa di essere riempita da altri scolari indifferenti - mette ancora più l’accento su l’utilità effettiva di un sistema scolastico in cui sono proprio i ragazzi a non volerci entrare attivamente per avere cultura e un futuro migliore.

scoraggiante...

Stella (Stella)

Sylvie Varheyde

Francia, 2008

Stella nell’autunno del 1977 inizia il suo primo anno alla scuola media, ma non in una qualsiasi dei tanti distretti parigini, bensì in una frequentata da figli di famiglie benestanti e dalla quale i genitori della piccola ragazzina pensano di ricavarne per lei la chance decisiva per permetterle di avere un futuro migliore (lo stesso dei ragazzi del film di cui sopra).

Ma Stella è cresciuta troppo in fretta disillusa e sprezzante tra genitori totalmente assenti, impegnati a gestire la loro locanda (bettola...) nella periferia di Parigi, amicizie strambe con i balordi e i falliti che frequentano il locale e le annesse camere in affitto, e un’amichetta sboccata con una squallida situazione famigliare. Catapultata in una realtà opposta alla sua, dove le compagne al rientro a casa dopo la scuola sono impegnate in lezioni d’equitazione, di danza e festicciole mentre lei gioca a carte e assiste alle solite risse tra gli avventori del bar, Stella fatica a integrarsi, anche perché viene vista dalle stesse compagne come una diversa.

Nella sua breve vita ha imparato a cavarsela da sola e a vivere da sola, ma non a farsi un’istruzione autonomamente e di fronte agli insegnanti passa sempre come una nullità.

Fino a quando l’amicizia con una compagna le apre nuove sfaccettature di una vita questa volta sì diversa ma in senso positivo: le farà capire cioè quanto l’istruzione ci possa salvare effettivamente da una vita desolante e quanto questa riesca sempre a farci crescere, migliorare.

Stella scoprirà pian piano così Margherite Duras, Cocteau, Balzac... si innamorerà per la prima volta e si accorgerà nel frattempo in questo processo di crescita che il sentirsi matura, autonoma, arguta, come lei infatti si ritiene, non sempre corrisponde a realtà.

E’ un film delicato, commovente, recitato molto bene tra i cui attori spicca la piccola attrice protagonista che regge praticamente tutto il peso del film essendone il fulcro costante, nonostante i numerosi personaggi secondari attorno a lei.

Mi è piaciuta moltissimo la scelta per la colonna sonora, tra cui c’è anche a fare da leitmotiv “Ti amo” di Umberto Tozzi brano famosissimo proprio nel 1977.

Mi ha stupita però il divieto ai minori di 14 anni imposto al film, come molti non capisco perché si imponga una censura a un film di questo tipo, dove tanti sono i valori che se ne ricavano alla fine, mentre ai dodicenni di oggi può capitare di vedere in tv prima dei cartoni animati in fascia protetta quelle merde di telenovelas come “Beautiful” e “Centovetrine” dove praticamente c’è almeno un coito in ogni puntata; per non parlare di quel magico mondo di “Amici” di Maria De Filippi in cui gli alunni mandano a fanculo i professori davanti a tutta Italia. Il divieto sarà stato sicuramente per la breve sequenza in cui si parla di pedofilia, ma, siamo seri per favore!, i bambini vanno istruiti anche sotto quel punto di vista in un mondo odierno in cui ormai anche episodi così terribili ne fanno parte.

9/10

sabato 21 marzo 2009

Un’ora sola ti vorrei

Un’ora sola ti vorrei [libro + dvd]

Alina Marazzi

collana 24/7, Rizzoli, 19.50 €

L’anno scorso avevo visto una puntata del programma “Le storie” condotto da Corrado Augias che aveva come argomento la clausura e l’odierna concezione di vocazione; fra gli ospiti in studio c’era una regista che portava come testimonianza il suo documentario dal titolo “Per sempre” composto da interviste fatte a diverse monache.

Lei era Alina Marazzi e il breve film “Un’ora sola ti vorrei” è uno dei suoi lavori cinematografici; durante il suo intervento da Augias mi aveva molto incuriosita - per la dialettica, la pacatezza nel parlare - così ora sto cercando di recuperare tutti i suoi film, che in parte hanno anche un occhio di riguardo verso la condizione passata e attuale della donna.

“Un’ora sola ti vorrei” è a metà strada tra un film fatto per il pubblico e un documentario di ricerca personale. Alina Marazzi ha infatti ricostruito la figura di sua madre attraverso le tante bobine di pellicole amatoriali girate in famiglia a partire dal 1926 per capire perché quando lei aveva sette anni, nel 1972, sua mamma decise di togliersi la vita.

Il film, muto, è stato successivamente sonorizzato con l’aggiunta esclusiva di suoni in sincrono e raramente di voci, perché il parlato è scandito unicamente dalla voce fuori campo di Alina che lì veste però i panni di sua madre: è infatti Liseli Marazzi Hoepli a parlare alla figlia della sua vita e della storia di tutta la loro famiglia.

I testi elaborati da Alina e “letti” dalla madre sono ricavati dai diari, lettere e cartoline che negli anni Liseli ha scritto e si è scambiata con i famigliari e in particolare col marito e un’amica d’infanzia.

Attraverso un racconto per immagini ed evocazioni visive, si dipana così sullo schermo la storia di una donna raccontata in maniera commovente dalla figlia che a distanza di tanti anni ha deciso di affrontare questo rapporto interrotto bruscamente.

E’ la storia di un disagio trascinato per anni da una ragazza, poi moglie e madre, che non ha mai accettato pienamente di piegarsi ai rigidi schemi della borghesia milanese, e che anche di fronte all’aiuto di medici e psicologi in case di cura all’avanguardia per l’epoca (fine anni ’60-inizio ’70) aveva già capito che difficilmente sarebbe guarita dalla depressione, anche perché i famigliari stessi vedevano con distacco la sua malattia senza rendersi veramente conto del problema.

Ed è molto toccante notare come tutto questo sia stato analizzato, ricordato e fissato in pellicola dalla figlia di questa donna, che ha tracciato così anche una sorta di percorso psicoanalitico e rievocativo del rapporto madre-figlia.

Molte sono le curiosità attorno a questo film e la regista le ha abbondantemente spiegate, insieme al perché di certe scelte stilistiche, in un piccolo saggio che ora è venduto assieme al cofanetto dvd del film edito da Rizzoli: nel testo Alina racconta delle prime difficoltà nel concretizzare il progetto, del lavoro poi svolto con una collega per il montaggio del film, fatto appunto collegando principalmente vari spezzoni di pellicole girate dal nonno materno e dal padre, e dei suoi timori e fatiche nell’affrontare un argomento così doloroso.

Vi consiglio vivamente di vedere questo film (accompagnato dal libro, che così si approfondiscono molte cose) perché è un bellissimo lavoro, oltre che emozionale, anche di ricerca audiovisiva.

9/10

lunedì 16 marzo 2009

Cuore d’inchiostro

Cuore d’inchiostro

Cornelia Funke

Mondadori, 16 € [485 p.]

Un libro che parla dell’amore per i libri? Anche se destinato ad un pubblico adolescente non potevo farmelo scappare, visto anche che domenica 22 marzo è prevista al cineforum che frequento la proiezione del film omonimo con protagonista Brendan Fraser.

L’ho finito di leggere ieri mattina e devo dire che per un target di lettori in età giovanile è davvero un libro azzeccatissimo, per lettori già adulti invece è facile notare alcune pecche.

La storia di Meggie e di suo padre Mo, catapultati in un’avventura fantastica “per colpa” del loro bizzarro potere - riescono, leggendo ad alta voce, a dar vita ai personaggi di carta di cui leggono le storie - è veramente troppo lunga per quello che in realtà succede realmente; sono troppi i passaggi in cui ci si dilunga inutilmente e ammetto che è stato facile (negativamente parlando) iniziare con nonchalance a vagare con gli occhi sulla pagina, a saltare alcune descrizioni e ad andare a cercare solo i dialoghi.

Inoltre lo stile della Funke è fin troppo spicciolo, troppo “bambinesco”. E va bene che il libro lo leggeranno i bambini fino al massimo i sedici anni, però un po’ più di virtuosismi linguistici non guasterebbero visto anche che per tutte le 485 pagine del racconto il fulcro è sempre l’inno ai libri, alla cultura e alla lettura [da notare come i cattivi del racconto non sanno leggere...!].

Indubbiamente però “Cuore d’inchiostro” ha dei pregi che piaceranno a chiunque si avvicini al libro, ad esempio l’elemento fantastico viene introdotto nel racconto in maniera anomala e spassosa allo stesso tempo: la piccola Meggie non si chiede perché mai il padre venga soprannominato da dei loschi figuri con il nome di Lingua di Fata, né le sembra stranissimo che un amico di Mo spuntato da chissà dove venga accompagnato da una martora con un paio di cornina in testa... anzi, invece di gridare e pensare di essere finita in un incubo, Meggie prende questi elementi come uno sprone per capire cosa suo padre le stia nascondendo e pian piano il lettore accetta queste stramberie e viene trascinato con divertimento all’interno della storia.

Poi il solo fatto di inventare una favola in cui gli uomini possono “materializzare” realmente i loro personaggi preferiti dai libri l’ho trovato bellissimo! Senza tenere conto che in questo libro ci sono due storie che si intrecciano, quella nel mondo reale con Meggie, Mo, la zia Elinor, ecc... e quella del libro da cui i cattivi sono usciti, che si chiama appunto “Cuore d’inchiostro”.

In conclusione: il libro è partito maluccio per via di uno stile un po’ troppo legnoso e sproloqui che ti prosciugavano la voglia di proseguire dal cervello, chiudendo il volume sull’ultima pagina però mi sono accorta quanto la Funke sia stata fantasiosa a creare un libro ricco di colpi di scena (sì vabbeh, tra un colpo e l’altro passavano sessanta pagine, ma va bene lo stesso!) e che per fortuna il tomone è autoconclusivo quindi mi posso anche (forse...) risparmiare di leggere i successivi due volumi. XD

8/10

venerdì 13 marzo 2009

Fontane, Maraini e Asimov

Effi Briest

Theodore Fontane

I grandi libri, Garzanti [regalo!]

C’ho spremuto sopra le meningi dal 1° al 10 gennaio. Poi ho capito che non valeva la pena continuare.

Mi spiace perché il libro mi era stato regalato e buttarlo nella libreria senza averlo nemmeno terminato mi sembra di fare uno sgarbo alla persona che me l'ha dato in dono, però... ragazzi... che racconto prolisso!!

Per Effi poi non trovo nessuno motivo che me la faccia piacere: bambinetta ingenua che pensa ai giochi e all'altalena ancora quando sta addirittura allattando la figlia nata da poco; data in sposa a un uomo coetaneo della madre che era addirittura un suo ex pretendente (ma che genitori aveva la poverina???).

E poi l'indagine psicologica approssimativa e le lungaggini per me (nata nel 1981 e non nel 1895) incomprensibili sulla disputa religiosa in Prussia e la sua situazione politica... un quadro insostenibile!

Per capire il romanzo bisognerebbe essere laureati o appassionati di storia prussiana...

n. c.

Memorie di una ladra

Dacia Maraini

Superbur, Bur, 7.80 €

Nell’ultimo anno ho letto diversi libri con protagoniste femminili, questo romanzo di Dacia Maraini - molto diverso per stile e argomento dagli altri suoi letti in passato - mi ha colpito particolarmente perché è basato sulla vera testimonianza di una detenuta che la Maraini aveva incontrato per caso durante un’inchiesta da lei stessa condotta riguardo le carceri femminili italiane iniziata alla fine degli anni ’60.

Alla storia di Teresa, questo il nome della donna, sono state inserite anche altre storie sentite nelle stesse prigioni.

Teresa racconta la sua vita dal momento della nascita nel 1918 in una famiglia povera e numerosissima, poi via via ripercorrendo la sua infanzia fino all’età matura nei primi anni ’70 (il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1973).

Nella vita di Teresa è successa ogni cosa, ma l’episodio che fa scaturire tutto è quello avvenuto all’età di diciotto anni, in cui finisce per strada dopo un litigio col padre che aveva deciso di risposarsi dopo esser rimasto vedovo. Viene così attirata dalle buone promesse di un giovane ragazzo della zona che la introduce nella sua famiglia; questo però punta solo alla dote della ragazza e quando per sbaglio Teresa rimane incinta tutti i famigliari capiscono che in realtà lei è stata effettivamente diseredata dal padre.

Il matrimonio però si fa lo stesso, ma senza la certezza di un ritorno economico il giovane e la sua famiglia non sono intenzionati a mantenere Teresa che, partorito il figlio che aspettava, viene rinchiusa con assurdi raggiri in manicomio.

Da lì riuscirà ad uscire con l’aiuto di uno dei suoi fratelli e riconciliatasi col marito cercherà di sistemare la sua vita con il costruire un nucleo famigliare adeguato per il bambino appena nato.

Questo però per mancanze sue e dello stesso marito non avverrà mai. Il bambino crescerà praticamente con le zie paterne e i due continueranno a vivere alla giornata, senza quasi uno scopo per il futuro.

Mentre sullo sfondo l’Italia cambia, scoppia la Seconda Guerra Mondiale, arriva il boom economico degli anni ’60, Teresa continua a vivere ai limiti della società con un passato e un presente da borderline, vivendo di furti e truffe che non sempre le riescono bene. Trascorrerà così diversi anni della sua vita in carcere - passando anche per il manicomio criminale - in atmosfere violente e dove la promiscuità sessuale è alla base di quella vita quotidiana rinchiusa fra quattro mura; quando non è in galera Teresa si divide tra il ricordo del figlio, che con il pensiero non abbandonerà mai, la frequentazione della Roma dei bassifondi tra ladri, prostitute e truffatori, quasi tutti alloggiati in squallide stanzette d’albergo o in pensioni fatiscenti, e peregrinando da una città all’altra d’Italia.

Teresa a un certo punto cercherà di tirarsi fuori da quegli ambienti miseri, ma non ne sarà in grado perché la sua vita è in strada e il suo approccio con la realtà sempre sereno, sguaiato l’ha comunque sempre aiutata a risollevarsi dalle brutture e dalle violenze quotidiane.

Anche per questo romanzo, come per le altre storie di donne vagabonde, mi chiedo se non fosse stata migliore una vita senza esperienze così traumatiche come il manicomio criminale, il sottostare alla sopraffazione del più forte nei sobborghi cittadini, la violenza...

8/10

Trilogia della Fondazione

Isaac Asimov

Oscar Mondadori, 13.40 €

Per ora (a gennaio 2009) ho letto solo il primo volume, "Prima Fondazione".

L'ho trovato complicato e non lineare, soprattutto per la tecnica narrativa che si basa esclusivamente sulle infinite conversazioni tra i personaggi; la storia quindi si svolge in base ai dialoghi e di azione vera e propria non ce n'è. Documentandomi in rete ho scoperto inoltre che i capitoli che compongono l’intera trilogia sono in realtà dei racconti brevi che, letti poi di seguito, ripercorrono tutta la storia della Fondazione.

Anche se tutti gli elementi per capire il passato, il presente e i buchi temporali lasciati tra un racconto e l’altro vengono illustrati abbondantemente dai colloqui tra i personaggi, a mio parere è proprio questo che rende il libro lento e poco avvincente. Avrei preferito che il racconto fosse più dinamico, anche con qualche descrizione in più, perché leggere solo scambi di battute io l’ho trovato molto difficile da sostenere.

Senza dubbio però ci sono spunti davvero interessanti (la psicostoria, le lotte tra le galassie, la civiltà minacciata dalla perdita del sapere), ma purtroppo il mio giudizio finale - per questa prima parte della storia - non è del tutto positivo.

5/10

sabato 7 marzo 2009

The secret garden

The secret garden

Frances Hodgson Burnett

Puffin Classics Paperback, Puffin Books, acquistabile su IBS

Da bambina avevo letto “La piccola principessa”, commovente storia di una bambina rimasta orfana e costretta a subire soprusi nell’orrido collegio in cui è obbligata a vivere come sguattera, non avevo però all’epoca collegato il nome dell’autrice a quello di chi ha scritto “Il giardino segreto”.

“The secret garden” è infatti un altro romanzo per bambini/adolescenti scritto nel 1911 da Frances Hodgson Burnett, inglese trapiantata negli Stati Uniti con la passione di scrivere sostanzialmente per mantenersi decorosamente.

L’intento principale dei suoi romanzi è il trasmettere valori etici ai piccoli lettori attraverso storie i cui personaggi possono essere ben riconoscibili dai bambini e a cui ci si possono immedesimare. In “The secret garden” la vicenda della bruttina, scorbutica e maleducata Mary Lennox ha certamente dei punti in comune con qualsiasi esperienza dei bambini lettori: chi da piccolo non fa i capricci, vuole essere viziato e al centro dell’attenzione? chi non cede con fatica agli ordini dei grandi? [sto generalizzando, non dico che tutti i bambini sono capricciosi!]

La trasformazione e la crescita di Mary durante il libro aiuterà sicuramente qualche bambino a modificare il proprio atteggiamento un po’ bizzoso. Chi invece è già diligente e coi piedi per terra apprezzerà quanto e in che maniera il percorso accrescitivo di Mary la faccia sbocciare verso una adolescenza serena e coscienziosa.

Perché conosciamo Mary come la bambina più rompi palle del pianeta, ma col passare del tempo e una nuova vita in Inghilterra da orfana (tema ricorrente a quanto vedo...) a casa dello zio benestante la cui magione sta immersa nella brughiera, Mary scoprirà con l’aiuto di una brava e pratica cameriera la natura, la vita all’aria aperta, il gioco, l’attività fisica (dopo la quale anche lo schifosissimo porridge sembrerà un cibo appetitoso e sublime), l’educazione e il dovere verso gli altri.

L’amicizia poi con due ragazzini coetanei suggellerà la sua maturità con la scoperta dell’affetto sincero.

Tutta la storia è vista in parallelo con la rinascita primaverile di un “giardino segreto”, abbandonato da anni e celato in un angolo oscuro dell’enorme tenuta dello zio.

Sono molto soddisfatta di questa lettura, l’ho trovata molto istruttiva e utile (anche per gli adulti!).

Una nota di merito va anche alla confezione del libro: la collana dei classici della Puffin Books – distaccamento per ragazzi della Penguin – ha bellissime copertine colorate e al termine del libro vi è inserito un capitolo supplementare con schede tecniche e veri e propri esercizi da far fare ai lettori per testare se sono stati davvero attenti durante la lettura. Su IBS i volumi li si trovano a non più di 6 €, la maggior parte a 5 €, quindi sono anche molto economici pur avendo una veste grafica e un apparato critico curatissimi.

8/10

domenica 1 marzo 2009


Avevo 12 anni, ho preso la mia bici e sono partita per andare a scuola...

Sabine Dradenne

Bompiani Overlook, Bompiani, 14 €


Questo è il resoconto degli 80 giorni che Sabine ha passato nella cantina del mostro di Marcinelle: segregata in un buco per topi, violentata sia psicologicamente che fisicamente. Tutto questo a soli 12 anni d'età.

Dai suoi ricordi ne esce il ritratto dell'uomo schifoso che aveva architettato tutto: Marc Dutroux. Pedofilo recidivo, uscito dalla galera usufruendo di uno sconto di pena e che in libertà aveva già rapito, seviziato e ucciso, nello stesso identico modo, altre quattro tra bambine e adolescenti con la complicità di due balordi come lui e della moglie. Sì, anche della moglie.

Cinque giorni prima della liberazione di Sabine Dutroux aveva anche sequestrato un'altra ragazzina di 14 anni, Laetitia.

Quello che segue è la cronaca (un po' sbrigativa, devo dire) del processo avvenuto otto anni dopo i fatti.

Ergastolo per Dutroux, pene minori per i complici.

Ma ormai la giustizia a che serve?

Sabine e Laetitia, le uniche sopravvissute agli infernali giochi dello psicopatico, sono riuscite per fortuna a superare quegli orrori, ma ormai l'irrimediabile è accaduto e niente può far tornare indietro il tempo.

Io sono molto drastica con gente di questa risma, a un uomo come Dutroux avrei imposto anche i lavori forzati a vita e una cella delle stesse dimensioni di quella in cui ha rinchiuso tutte le sue vittime.

8/10



Lo rifarei! - Una vita tra i figli dei fiori

Camila Raznovich

Baldini Castoldi Dalai, 17 €

Letto in appena tre ore [per fortuna che l’ho preso in biblioteca...!]


E' un'autobiografia della famosa veejay di Mtv, ora conduttrice anche di programmi più impegnati, incentrata sulla sua esperienza all'interno delle comunità di Osho, il guru indiano della religione contemplativa.

Quando Camila ha tre mesi (!) la madre decide di partire da sola per l'India insieme soltanto al figlio maggiore.

Tornerà convintissima di inserire anche la sua famiglia (benestante e borghese) nello stile di vita di Osho e adepti. Mamma, papà e i due figli iniziano così un peregrinare tra una comunità e l'altra in tutta Italia (con base fissa a Milano) e in Europa, passando anche un periodo in India nella sede del capo supremo (col pericolo di epatite, infezioni e malattie veneree...).

Cosa poi succederà è bello scoprirlo, perché l'autrice mette in evidenza anche i lati negativi di un'esperienza che comunque non rinnega affatto, ma che ha portato però squilibri all'interno della sua famiglia.

Lo stile dello scritto non è "altissimo", i capitoli sono sbrigativi ma almeno un quadro generale di come si viveva dalla metà degli anni '70 in poi in quelle comunità mezze hippy è interessante leggerlo per chi dell'argomento sa poche informazioni.


6/10



Le tribolazioni di una cassiera

Anna Sam

Corbaccio, 12.60 €


La francese Anna Sam sta furoreggiando in tutta Europa con il libro tratto, oh pardon, copiato dal blog che ha tenuto per diversi anni e in cui riversava aneddoti, critiche, sfoghi, vademecum sulla vita delle cassiere dei grandi magazzini.

Lei cassiera lo è stata per otto anni, ora, buttatasi nel mondo dell’editoria, si è licenziata per occuparsi a tempo pieno del suo nuovo lavoro: fare la scrittrice.

Non molti giorni fa è arrivata anche a Roma e poi Milano per delle interviste, quindi si può dire che la sua nuova carriera va a quasi gonfie vele (mi viene in mente Maccio Capatonda! qui), se non fosse che le prime critiche italiane del libro (scritte da comuni lettori) che circolano in rete non sono del tutto convincenti...

Devo dire che non sono nemmeno io molto entusiasta di “Le tribolazioni di una cassiera”.

L’ho letto praticamente in quattro ore – fra le quali ho fatto pure altro! – per cui in termini di tempo non è un’impresa così dispendiosa e impegnativa; è un libro molto scorrevole, forse troppo, e la brevità dei capitoli aiuta il lettore a non mollare la presa.

A non avermi convinta però è quello che sta alla base del racconto, quello su cui la Sam ha costruito tutto il manualetto di sopravvivenza/denuncia: il dover sempre e comunque parlar male e criticare con cattiva, astiosa ironia il sistema della grande distribuzione e il lavoro di cassiera.

Dal libro si deduce che l’impiego di cassiera è avvilente, degradante, senza possibilità di sviluppo di carriera, fondato sull’alienazione del singolo e quindi ad esempio anche se ti trovi a lavorare contemporaneamente con trenta altre colleghe non riuscirai mai a fare amicizia con loro.

In totale è un lavoro da cavia da laboratorio, senza parlare delle regole che vigono nei supermercati/grandi magazzini che sono al limite della violazione dei diritti umani.

Il problema è che la Sam ha fatto questo lavoro per otto anni e adesso mi viene a dire che è una merda e che nella vita è meglio aspirare ad altro???

Vuol dire che tutte le/i cassiere/i di questo mondo sono dei falliti se hanno scelto di lavorare in questo campo? Anche se alla fine del libro scrive che con il suo racconto spera di aver messo in buona luce e aver fatto rivalutare il lavoro di cassiera a me non sembra, è solo una continua spalata di merda su un ambiente che lei ha ben frequentato per tanto tempo prendendo comunque lo stipendio anche se non accettava pienamente di lavorare lì.

Insomma, è il tipico caso a cui si affibbia il modo di dire “sputi nel piatto in cui hai sempre mangiato”.

Sono proprio curiosa di vedere cosa pubblicherà prossimamente questa scrittrice (e quando dico “scrittrice” non lo dico in maniera ironica, ormai è un dato di fatto che sia diventata autrice), tenendo conto che questo libro è solo il copia-incolla di quanto aveva già scritto nel suo blog...


4/10



Il tramezzino del dinosauro - 100 oggetti, comportamenti e manie della vita quotidiana

Marco Belpoliti

Piccola biblioteca Guanda, Guanda, 13 €


Dalla quarta di copertina: “Perché si è diffuso il tramezzino? Per quale ragione i bambini amano i dinosauri? E ancora, cosa sono gli shopper e perché ci piacciono tanto? Perché spesso indossiamo la tuta e chi l'ha inventata? In questo libro composto da 100 pezzi brevi, accompagnati da disegni [che definirei orrendi - n.d.V.], Marco Belpoliti getta uno sguardo inusuale sulla nostra vita quotidiana. Più esattamente sugli oggetti, i comportamenti e le piccole manie di ogni giorno”.

Curioso e illuminante se letto a random, non tutto di fila e impiegandoci anche più di un mese per terminarlo perché, anche se le 100 schede occupano nemmeno due paginette ognuna, io le ho trovate molto pesanti da seguire.

Per cui consiglio di leggere una scheda e non di più al giorno, anche perché il libro nasce da una rubrica settimanale (apparsa sul quotidiano La Stampa) e quindi già di per se l'idea di questi articoletti era molto dilatata nel tempo. Trovarsene 100 in una volta sola è veramente come zavorra...


6½/10