sabato 28 febbraio 2009

Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa

Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa - Storie di bulli, lolite e altri bimbi

Marida Lombardo Pijola

Grandi AsSaggi, Bompiani, 12 €

La curiosità mi ha spinto a leggere questo (fantomatico) saggio sulla vita nascosta dei 12-14enni di oggi in Italia.

Svogliati, con manie di protagonismo, dediti a pratiche esoteriche, al sesso di gruppo, all’alcol, ad ogni tipo di droga; intolleranti verso chiunque, genitori compresi; stupidi, maleducati che adorano le discoteche pomeridiane all’interno delle quali fanno di tutto (balli sfrenati sui cubi, pomiciate, risse, sesso a rischio, ecc.).

Per raccontare tutti questi retroscena la giornalista si è avvalsa di capatine in incognito in quelle discoteche e a sbirciate nei siti e blog frequentati dai giovanissimi d’oggi.

Ha copiato tutto quello che le è capitato sotto mano, ha intervistato cinque ragazzini e ha pubblicato poi questo saggio.

Mi è sorto un dubbio però.

Cito dalla prefazione:

Non è qui che troverete giudizi, analisi sociologiche, previsioni. Solo testimonianze. Dirette. (...) Le storie sono state raccolte direttamente dalle voci dei cinque ragazzini e trasformate in racconti, riorganizzate impiegando la prima persona e uno stile narrativo che ne raffinasse il linguaggio elementare, che ne dilatasse i concetti per amplificarne lo spessore”. (pag. 16)

Non trovate che ci siano delle incongruenze in questo piccolo stralcio che esemplifica e riassume però pienamente tutto il libro?

Mi hanno sempre detto che quando una testimonianza vera, diretta, viene manipolata (trasformata, riorganizzata, amplificata) allora non la si può più ritenere veritiera e fondata.

Quindi subito in partenza i cinque capitoli destinati alle altrettante “interviste verità” vanno scartati come spazzatura manovrata da terzi. E già 2/5 del libro se ne vanno così nella falsità.

Il resto del saggio è formato da trascrizioni di commenti, topic, post di blog scovati nell’immensa rete di internet all’interno di chat, forum e siti frequentati esclusivamente da 10-16enni.

Si leggono così commenti agghiaccianti su bambine di 12 anni rimaste incinte dopo casuali rapporti sessuali; ragazzini che bevono e tirano di coca; autolesionismo; richieste di aiuto per sapere come si fa “un pompino”; insulti razzisti; inneggio al suicidio; bullismo; richieste di marchette. Mi fermo qua, credo che possa bastare per farvi capire il tenore di quegli stralci lì trascritti.

Il tutto con un linguaggio altamente scurrile, osceno e disgustoso.

Ma anche per questi restanti 3/5 di libro mi è sorto un dubbio.

Internet è il luogo in cui chiunque può appropriarsi di un’identità fittizia, scrivere di condurre una vita che in realtà è irreale, instaurare rapporti con persone che non si conosceranno mai di persona.

Chi mi dà allora la certezza che tutti quei messaggi virtuali sono stati scritti effettivamente da bambini che hanno praticato sesso estremo, si sono spogliati in discoteca, hanno sniffato cocaina, hanno picchiato il nemico di banda, sono rimaste incinte e hanno abortito di nascosto dai genitori?

Ma soprattutto manca la cosa fondamentale: la lista dei siti e dei blog che la Lombardo Pijola ha visitato durante le sue ricerche.

Se non mi fornisci la fonte io posso benissimo pensare che ti sei inventata tutto di sana pianta.

E così anche gli altri 3/5 del libro li possiamo usare per attizzare il fuoco nel camino.

[Tra l’altro a metà volume sono inserite anche fotografie di bambine e giovanissime adolescenti in biancheria intima scattate nelle discoteche e che l’autrice ha trovato nei siti. Se le poteva anche risparmiare.]

Appurato che questo saggio può essere tutta una baggianata, volevo puntualizzare anche un’ultima cosa. Cito:

Storie che assomigliano al linguaggio con il quale sono state raccontate, lo stesso che ho ritrovato in rete, nei dialoghi e nelle confessioni che ho raccolto lì: (...) infarcite di errori grammaticali che ho evidenziato in corsivo.” (pag. 16)

Ora, vorrei sottoporvi uno di quei messaggi trovati dall’autrice in internet. A pag. 210 si può leggere quanto segue:

“Se kualkuno succhia lo sperma al maschio e lo manda giù li succede kualkosa, è buono o fa skifo? Puoi morire? Riposta urgente per favore!”

L’unico errore ortografico evidenziato è “li” al posto di “gli”. Ma non vi sembra che anche i termini “kualkosa/kualkuno/skifo” siano errati??? Invece l’autrice accetta quegli strafalcioni considerati giusti solo per il fatto che ormai tutti i ragazzi scrivono così. Da cani. E nel saggio i messaggi riportati sono TUTTI scritti in quella maniera.

Non capisco come ci si possa impuntare e fare i tigliosi per un pronome sbagliato, un plurale errato, una coniugazione non azzeccata se poi il resto (ben più grave!) non viene in nessun modo criticato.

Qualche settimana fa una mia recensione (questa) pubblicata su Biblios è stata commentata così da una ragazzina:

“ìO L’HO VìSTO ìN KLASSE..E’ MOLTO BELLO..GUARDATELO ìL FìLM..E LA GìORNATA DELLA MEMORìA[27 GENNAìO]NN BìSOGNA MAì SKORDARLA XKE’ NN AVREMMO RìSPETTO NEì NOSTRì COONCìTTADìNì DEL PASSATO E QUANTì MORTì Cì SONO STATì! xD..”

Le i accentate, k a profusione, abbreviazioni mai viste, sintassi poverissima (anche se il concetto c’è).

Lascio a voi ogni considerazione.

E tanto per far vedere quanto il lavoro di ricerca della Lomabrdo Pijola sia stato arduo e per venire in contro all’ignoranza dei lettori adulti, a fine libro c’è anche un utilissimo glossario in cui trovare il senso di parole semplicissime (o almeno ORMAI entrate nel linguaggio e nel sapere di tutti, non solo degli adolescenti) come: chat, blog, coatto, mms, raga, pischello, pippare, tvb, trescare, ecc.

Forse per capire gli adolescenti nati dopo il 1995 sarebbe meglio leggere “L’ospite inquietante” di Umberto Galimberti. Datemi il tempo di leggerlo poi vi farò sapere.

lunedì 23 febbraio 2009

Due strazianti film d’ammmmore



Candy (in italiano lo trovate come “Paradiso + inferno”)

Neil Armfield

Australia, 2006

La tragica storia di due ragazzi finiti nelle bassezze della tossicodipendenza. Quando cercheranno di smettere sarà troppo tardi.

Sembrerebbe un classico del genere, infatti la storia di Candy e Dan non si discosta per nulla dalla cronaca deprimente e pesante di quello che un drogato deve fare per sopravvivere alla dipendenza provocata dalle sostanze stupefacenti, ma in questo film quello che mi ha colpito è come viene sempre messo in primo piano il rapporto d’amore tra i due.

Anche se Candy è costretta a prostituirsi, a vendere le sue cose, a seguire lui in truffe e ruberie, quello che prevarica è sempre il volersi bene, il bisogno che hanno entrambi dell’altro, lo stare vicini. Un’altra dipendenza quindi, però di tipo psicologico.

Ma l’amarsi sinceramente non basta a questa coppia per sopravvivere nella decadenza. Un’escalation di tragedie porterà la storia a una svolta ancora più dura e nemmeno tutto l’impegno di entrambi servirà a far terminare il film con un lieto fine...

Consiglio di vedere il film in lingua originale, non solo perché il doppiaggio italiano è scarso ma anche perché potrete apprezzare di più l’interpretazione del compianto Heath Ledger. Sempre un grande.

7½/10

Come eravamo (The way we were)

Sydney Pollack

Usa, 1973

L’ho visto questa estate per caso in tv, mentre boccheggiavo sul divano assalita da zanzare e afa notturna.

Non pensavo un film di più di 35 anni fa potesse essere ancora così attuale, non conoscevo la storia quindi perdonatemi...

Seguiamo Katie e Hubbell dalla metà degli anni ’30 fino agli anni ‘50 mentre i grandi avvenimenti della Storia si succedono influenzando anche la loro relazione d’amore.

Dal Secondo Conflitto Mondiale, alla guerra in Spagna fino al Maccartismo, questi sono tra gli episodi che portano la coppia a disgregarsi, tanto che da subito il loro rapporto è palesemente mostrato come un continuo discutere e confrontarsi sui grandi temi del mondo, le questioni politiche e sociali.

Entrambi hanno radici diversissime - lei ebrea comunista, lui giovane dell’upper class americana con aspirazioni da scrittore arruolatosi nella marina militare - e questo, insieme a ideali e caratteri opposti (lei troppo ostinata sulle sue posizioni, lui anche fin troppo cedevole ai compromessi), porterà inevitabilmente la coppia a dividersi nonostante si amino tantissimo e a un certo punto decidano anche di sposarsi.

Katie e Hubbell alla fine non si lasciano perché non si amano più, ma perché non riescono ad accettare che abbiano credi politici, di lavoro, di vita insomma, in antitesi.

Una storia bellissima, molto commovente nel finale che vede i due dopo tanti anni rivedersi per caso a New York. Ma anche se i due si abbracciano forte e fanno capire di amarsi ancora, per loro non ci sarà mai la possibilità di una vita serena insieme.

9/10


mercoledì 18 febbraio 2009

Beatrix Potter e Odette Toulemonde

Lezioni di felicità (Odette Toulemonde)

Eric-Emmanuel Schmitt

Francia, 2006

Tratto da una serie di racconti scritti durante la lavorazione del film dallo stesso regista (che non c’ho voglia di leggere) “Lezioni di felicità” è un film ironico, delicato fatto apposta per essere visto quando ci si sente addosso un po’ di malinconia.

L’ordinaria vita della sognatrice Odette, quarantenne vedova con due figli un po’ sopra le righe, è movimentata solamente dai libri scritti dal suo autore preferito.

Una serie di coincidenze farà si che Odette coroni il suo sogno: conoscere di persona lo scrittore...

Da quel momento – e siamo solo a una quindicina di minuti dall’inizio del film – verrete trasportati nel mondo quasi irreale di Odette, fatto di voli ad occhi aperti, balletti, colori caldi e le canzoni di Joséphine Baker.

Odette vi contagerà sicuramente, soprattutto se avete già apprezzato il suo predecessore (in fatto di stile e genere) “Il favoloso mondo di Amélie”, con la differenza che qui oltre a una storia d’amore quello che viene esaltato è il superamento delle apparenze: anche da una vita semplice come quella di Odette, donna con poca cultura e priva di vanità, si possono avere insegnamenti molto forti che non necessariamente una persona ritenuta colta e intelligentissima sa notare pienamente e apprezzare.

8½/10

Miss Potter

Chris Noonan

Gran Bretagna, 2006

Le storie di Beatrix Potter sono le prime che mi hanno avvicinata al mondo della lettura, le leggevano a me e a mia sorella i nostri genitori quando ancora non sapevamo leggere.

Quelle che ci facevamo ripetere fino all’esaurimento erano quelle con protagonisti i topini (sì, stranamente non gatti...), una vera ossessione!

Al cinema mi sono persa questo film incentrato sulla vita dell’autrice, ho rimediato guardandomi il dvd in lingua originale.

Forse sono di parte se dico che è davvero un film poetico e commovente; a me è piaciuto moltissimo e non credo che le mossette superficiali e vezzose della Zellweger rendano il personaggio un po’ stupido. Anzi, in un contesto in cui fanno le loro apparizioni animate anche i personaggi pelosi creati da Beatrix, un contegno troppo austero avrebbe sì reso ridicole proprio quelle sequenze contaminate dalle buffe e bellissime illustrazioni originali.

Non mancano momenti ironici e alla fine quello che risalta in tutto il film è la figura di una donna anticonvenzionale che ha sempre voluto discostarsi da una società e da dei canoni ormai troppo obsoleti – nel film descritti molto bene - in quel periodo a cavallo dei due secoli in cui lei è cresciuta e ha cominciato a fare (molto tardi per la sua età) i primi passi nel mondo dell’editoria.

Non credo che la storia privata di Beatrix Potter sia conosciutissima, questo film dà almeno un quadro generale della sua personalità al di là dei suoi racconti per bambini.

8½/10

P.s.: non molte settimane fa i miei zii mi hanno regalato questo libro:

Le recensioni lette lo descrivono come un buon libro, ben documentato. Io non vedo l’ora di leggerlo, ma sono ancora a metà di “New moon” della Meyer in lingua originale e se iniziassi anche questo ci metterei il doppio per finirli entrambi...!

sabato 14 febbraio 2009


Gatti molto speciali

Doris Lessing

Universale Economica Feltrinelli, 7 € [io l’ho preso con lo sconto del 25% valido fino al 15 febbraio]

In questi giorni c’è un forte vento, io lo trovo sempre molto suggestivo. La mia gatta invece quando esce in giardino si inquieta a vedere i rami degli alberi e i cespugli sbattuti così violentemente.

Questo è sicuramente indice di due modi diversi di veder e percepire le cose, non solo perché io sono umana e lei gatto ma perché anche gli animali nel loro piccolo hanno la propria personalità ben distinta.

E da qualche giorno ho scoperto che anche Doris Lessing è convinta della stessa cosa. Ne parla in quel piccolo libro che è “Gatti molto speciali”.

E’ il racconto del rapporto che fin da bambina ha avuto coi gatti di famiglia e mentre parla di loro, delle loro esperienze, delle loro abitudini, della loro vita insomma, riesce a far diventare quello che a primo acchito può essere considerato un semplice libro di memorie affettuose dei felini di casa, un piccolo saggio sulla psicologia del gatto.

Ovviamente limitato ai gatti che Doris ha conosciuto dall’età di tre anni fino al momento della stesura del libro (la prima parte è del 1967, la seconda del 1989), ma sufficiente per far capire al lettore quanto questa teoria la si possa applicare a qualsiasi gatto; perché alla fine quando ci troviamo di fronte a loro non dobbiamo mai pensare che siano tutti uguali, con gli stessi bisogni e le stesse abitudini. Ognuno è un essere a sé, proprio come noi umani che facciamo parte di una razza ritenuta evoluta al contrario di loro.
E mi trovo perfettamente d’accordo con lei.

Il primo gatto è arrivato in famiglia quando avevo cinque anni, era un gattino rosso che col tempo è diventato un micio enorme, o forse era solo il mio punto di vista di bambina a farmelo vedere così alto, con le zampe lunghe. Si chiamava Cicio e ora da adulta posso perfettamente trovare le differenze tra il suo comportamento e quello dei gatti e gatte che sono venuti dopo di lui.

Insomma, i gatti quando entrano in casa acquisiscono di diritto un posto specifico in famiglia e dato che da quel momento li si considera facenti parte a tutti gli effetti del nucleo famigliare, come potremmo considerarli genericamente, senza annotarci pian piano con la conoscenza quello che a loro piace e quello che guardano in maniera schifiltosa, sapere che preferiscono dormire in un certo posto piuttosto che ricordarsi di dover scostare le tende ché a quella data ora del mattino si siedono sul davanzale della finestra ad osservare quello che accade fuori, ecc.? Sarebbe davvero poco rispettoso e loro se ne risentirebbero. Proprio come potremmo fare noi.

9/10

venerdì 6 febbraio 2009

Primi libri del 2009

L’albero di Giuda

Archibald Joseph Cronin

Tascabili Bompiani, Bompiani [regalo!]

Dopo un primo entusiasmo per la produzione letteraria di Cronin, ultimamente tutto quello che prendo in mano di suo mi sembra triste oppure scadente.

E scadente è il caso di “L’albero di Giuda”, sicuramente non fra i migliori romanzi di questo scrittore (La cittadella, Il castello del cappellaio, Anni verdi, ecc.): troppo patetico e sdolcinato, è la storia di un ricchissimo uomo quasi sessantenne che dopo aver vissuto nel cinismo e nell'aridità dei sentimenti decide di tornare nel paese natio in cerca di quella che fu trent'anni prima la sua promessa sposa.

Nei primi 2/3 di libro si sprecano frasi da telenovela e un sentimentalismo troppo ordinario; nell'ultimo terzo invece la situazione si ribalta a favore di un finale crudo e desolante in cui trionfa una drammaticità ingigantita dal messaggio principale: chi ha sempre vissuto tra egoismi, attaccamento ai beni materiali, arrivismo e cattiveria avrà quel che si merita... ma la morale non basta per rendere memorabile il racconto.

P.s.: libro letto per la sfida di S. Valentino (che, visto che siamo già al 5 febbraio e mi manca ancora un libro, si può dire che ho perso).

5½/10

Il sergente nella neve

Mario Rigoni Stern

Einaudi

Ho scoperto il libro più famoso di questo autore troppo tardi, quando ho saputo mesi fa della sua morte al telegiornale. In casa gira da secoli la copia che mia mamma nel 1969 aveva letto durante il secondo anno delle medie, così all’inizio di gennaio l’ho aperto e in meno di una settimana l’ho divorato.

A mio parere non è un romanzo "eccelso", è frammentario, sbrigativo in alcuni punti, ma comunque riconosco che è un documento tra i più validi a dimostrare che cosa fu in realtà quella guerra - e tutte le altre che vennero poi - e che i conflitti di qualsiasi tipo non portano a nulla se non a perdite umane, sofferenza, pazzia, desolazione. Detto da uno che partì volontario per la guerra è un'estrema dichiarazione di pacifismo.

A fronte però di tanta sbrigatività, schiettezza o concretezza – chiamatela come volete - nel raccontare, ho trovato bellissime e toccanti le ultime due pagine del libro, più belle anche delle descrizioni poetiche dei luoghi cari e quelle sulla famiglia e la fidanzata lontana, e mi è venuto anche il magone nel leggerle.

Sì, pur avendo dei difetti è davvero un bel libro.

8/10