sabato 30 ottobre 2010

Letture - dove eravamo rimasti

Il blog negli ultimi mesi è caduto nel dimenticatoio, Anobii invece lo aggiorno con i nuovi caricamenti senza però aggiungere nuove recensioni. Vediamo un po’ se riesco a rimettermi in pari prima che mi passi di nuovo la voglia...

Ho in arretrato libri da commentare che risalgono addirittura a febbraio (!!), il primo è “Tipping the velvet” di Sarah Waters [ed. Reverhead Books]. Quando ho iniziato a seguire questa autrice la Ponte alle Grazie, che pubblica tuttora i suoi libri in Italia, aveva avuto l’assurda idea di iniziare a proporre i suoi romanzi dal secondo in poi, e il primo??? praticamente tralasciato per qualcosa come dieci anni, sino a che, evidentemente stufa di sentire le suppliche dei fans italiani, la P.G. l’ha pubblicato sotto il titolo di “Carezze di velluto” nel 2008. Io però ormai mi ero comprata mesi e mesi prima su IBS.IT l’edizione in lingua originale per poco meno di 5 € (alla faccia dei 18.60 € dell’editore italiano!); poi si sa come siamo fatti noi lettori - accumuli, accumuli e ti perdi in altre nuove letture - così l’ho preso in mano solo l’inverno scorso.
Senza dubbio “Tipping the velvet” è il migliore tra i romanzi della Waters e, ovviamente, siccome questo ha dato il via ai temi ricorrenti della sua carriera letteraria, ha per oggetto l’Inghilterra di fine Ottocento, protagoniste femminili e l’introduzione nel racconto della tematica lesbica nonché erotica, ma a livello di “fascino” è di gran lunga superiore ai successivi.
Diviso in tre parti, il libro ha per protagonista la giovane Nan King e narra delle avventure e dei viaggi della ragazza nell’arco di circa 7/8 anni a partire dal 1888. Proveniente da una normalissima famiglia di ristoratori di Whitstable, Nan non ha certo di fronte a sé un futuro pieno di attrattive se non quello di sposarsi e continuare in eterno a pulire le ostriche per la locanda dei genitori; il suo unico svago è quello di assistere agli spettacoli serali di music-hall nel teatro non molto lontano da casa. Lì si esibisce Kitty Butler, attrice di qualche anno più vecchia di lei che ha la particolarità di presentarsi sul palco travestita da uomo. Le due diventano amiche e ben presto l’intesa tende a trasformarsi, con contorno di dubbi amletici e tentennamenti, in un sentimento molto meno “fraterno” e più sensuale. Kitty, nel frattempo diventata famosissima e richiestissima per i suoi show da drag-king ante litteram, viene ingaggiata addirittura nella grande e caotica Londra e propone a Nan di seguirla.
Da questo momento la narrazione si fa più movimentata e viene inserito anche l’aspetto lesbo-erotico della relazione tra le ragazze, nonché (ma a questo punto ce ne frega poco, ahahahah!) descrizioni molto ben fatte e documentate della Londra sia fastosa che di periferia dell’Inghilterra dell’ultima decade del secolo.
A fronte però di un buon inizio la storia nella seconda parte vede l’introduzione pure di esibizioni sadomaso che secondo me lasciano un po’ il tempo che trovano... e la stessa trasformazione psicologica di Nan, da donna alla ricerca di un posto nel mondo e di una sua sessualità definita - parte, questa, ottimamente scritta e argomentata - a gigolò per ricche carampane (continuano il gioco e lo scambio di ruoli tra lei/lui e i travestimenti), mi è parso un poco ridicolo, mi ha pure annoiato e sono pagine in cui si è voluta inserire fin troppa volgarità e il personaggio della mantenuta non regge proprio.
L’ultima parte vede l’entrata in scena, dato il periodo storico in cui Nan finisce il suo peregrinare, delle immancabili suffragette e di dissertazioni sulle pessime condizioni di vita delle classi meno abbienti dipingendo desolanti quadri economico-sociali, mentre la protagonista giunge finalmente all’accettazione assoluta delle proprie tendenze erotiche.
Quindi in quest’ultimo senso il libro lo si può certo inserire nei romanzi di formazione e può anche ricordare la struttura dei romanzi picareschi: Nan King è oggetto di disgrazie, fortune e colpi di testa, entra a contatto praticamente con tutte le classi sociali dell’Inghilterra Vittoriana, è costretta a prostituirsi, a ingannare e ad essere ingannata a volte dalla gente che incontra fino ad approdare alla serenità spirituale e sessuale tanto agognata. Tutto questo raccontato con classe e sensualità, deliziando con il suo puro intrattenimento (si legge, ahimè!, in breve tempo) pur avendo LA pecca nella quale incappa la maggior parte degli scrittori medi di lingua inglese [come ricorda in un suo post Michele Foschini]: usare cioè a IOSA i verbi “to shrug - to frown - to lean, solitamente allo schienale della sedia - to turn, di solito a guardare qualcuno”... [voto: 8/10]
Altro libro in lingua letto è “A great and terrible beauty” di Libba Bray [ed. Delacorte Press], non mi ricordo nemmeno quanto l’ho pagato su IBS.IT ma spero siano stati pochi euro perché mi sono trovata di fronte a una sciocchezzuola per adolescenti che amano i poteri magici, i regni incantati e le grotte ancestrali ricche di enigmi.
Gemma ne è la protagonista nonché paladina dei diritti della donna (indipendenza, scelte personali, no al matrimonio senza amore, ecc...) in una epoca, anche qui quella Vittoriana, in cui mai ci si sarebbero aspettati ragionamenti di siffatta modernità visto che c’erano sì le suffragette ma non credo avessero 16 anni e frequentassero ancora il collegio.
A fronte di scaramucce tra teen-ager, viaggi intercosmici tra una dimensione e l’altra, ambientazioni mai coerenti con l’epoca trattata - sembra di essere in un qualsiasi periodo storico tranne che quello di fine Ottocento - c’è un ricorrente inserimento di scene (vabbeh, blandamente) erotiche che non trovano praticamente una collocazione in una narrazione in cui non c’è NULLA di maturo.
Il libro è seguito da altri due episodi che ne compongono la trilogia. Oh, uomo avvisato... [voto: 5/10]
E via che si prosegue con un altro libro dall’incomparabile spessore: “Eclipse” di Stephenie Meyer [ed. Atom]; mi piace soffrire così me lo sono letta in lingua originale e giuro che mi sono fatta due coglioni così ad arrivare all’ultima pagina. La 629. Signori - ripeto - 629.
Edward e Jacob si contendono Bella in un susseguirsi di dialoghi e situazioni banali, in cui è un continuo ripetersi di isterismi, pianti, litigi, tentati approcci sessuali (tutti che vanno a vuoto), scazzi del padre di Bella e Bella che non sa decidersi se è meglio il lupo oppure il vampiro. Ma è poi una novità?
Introspezioni psicologiche ancora una volta mediocri, e quando si cerca di inserire un momento di riflessione sui princìpi di una volta persi, si scade nel grottesco con un fastidiosissimo Edward munito di remore da bravo ragazzo (“ti scopo solo se mi sposi”).
E poi, ‘sto ragazzo, non lo trovate ridicolo? ha 104 anni e continua imperterrito a frequentare le lezioni di Biologia, Letteratura Inglese, a fare i compiti (...i compiti!!!) con la sua fidanzatina. Ok che per esigenze fisiche sembra un teen-ager, ma, cazzo, il cervello non gli si evolve??? [voto: 4/10]

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