martedì 13 gennaio 2009

3° raduno bloggers bibliofili - Milano

Ieri pomeriggio alla 16:00 si è tenuto il 3° raduno dei bloggers bibliofili di Milano sempre organizzato (perfettamente!) da Patrizia.

Ringrazio tutti per il pomeriggio passato in compagnia, è stato un po’ breve per via degli impegni di ciascuno però mi sono divertita molto!

Il mio bottino è stato un po' trattenuto dalla pila di 43 libri ancora da leggere: ho preso solo "Queste oscure materie - la trilogia completa" di Philip Pullman uscito recentemente da Mondadori; non sono molto amante dei libri fantasy, ma questo mi interessava per i riferimenti filosofici e religiosi, e poi l'edizione permette di risparmiare molto visto che costa soltanto 20 € e racchiude tre libri in uno.

Qui c’è una foto di gruppo. :-)

Vi lascio con la luuuuuunga recenZione del tomone di Piccole Donne, fra le letture del 2008.

I quattro libri delle piccole donne – Piccole donne, Piccole donne crescono, Piccoli uomini, I ragazzi di Jo

Louisa May Alcott

ET biblioteca, Einaudi [regalo!]

Non ho ancora conosciuto nessuna appassionata di lettura che da bambina non abbia mai letto “Piccole donne”! La prima volta che lo lessi ero in 4ª elementare e invidiavo tantissimo la mia amica a cui avevano regalato a Natale un’edizione cartonata, gigantesca e illustrata mentre la mia copia era semplicissima, senza fronzoli e stampata su carta riciclata.

La scorsa primavera, complice una serie di sconti da Feltrinelli, mi sono vista arrivare in regalo dal moroso (ormai rassegnato alla mia mania libresca) il tomone dell’Einaudi che racchiude tutti e quattro i libri della serie.

Ho finito di leggerlo a novembre e a quanto pare, da quello che ho letto girando in rete, non sono l’unica ad esser rimasta scontenta di questa edizione.

La prima cosa che mi è saltata agli occhi è una serie imbarazzante di refusi, errori di battitura, ripetizioni e dimenticanze sparsa per ben 1110 pagine. La traduzione rivisitata e corretta ha fatto perdere grande delicatezza alle storie delle sorelle March, e l’utilizzo di certi termini troppo moderni insieme ad altri “obsoleti” non aiuta.

Sorvolando, per quanto possibile, su questi lati negativi mi sono immersa nelle storie della famiglia March scoprendo per la prima volta certe sfumature che da bambina non avevo colto, in primis per quanto riguarda il personaggio di Jo, il mio preferito di sempre.

Che avesse atteggiamenti da maschiaccio me lo ricordavo bene, ma certe frasi soprattutto del primo libro la mostrano come l’uomo di famiglia costretto in abiti femminili.

Prendo come esempio alcune frasi che si possono leggere a pag. 5 e 6:

E’ già una bella scocciatura essere donna, quando mi piace tutto quello che è riservato agli uomini, giochi, mestieri, modo di vivere e soprattutto la libertà di fate tutto quel si vuole. Soprattutto adesso che potrei essere al fronte con papà, e invece eccomi qui a fare la calza come una vecchietta.

Povera Jo, è terribile, ma purtroppo bisogna rassegnarsi. Devi accontentarti di farti chiamare Jo e di farci da fratello.

Alla fine Jo, che nel primo volume ha 15 anni, non è una ragazzina nella fase di transizione tra l’adolescenza e l’età adulta e quindi ancora attaccata ai giochi e ai divertimenti spericolati perché non ha pieno possesso delle sue qualità femminili; Jo si comporta così perché sa benissimo che quello che vorrà essere da grande non comprenderà né un fidanzato, né tanto meno una famiglia. E se lo vogliamo dire chiaramente, la crescita di Jo e la sua trasformazione in adulta portano infine alla certezza di non sentirsi donna ma bensì uomo.

Non voglio usare il termine “lesbica”, perché troppo forte in un testo in cui le donne sono una visione angelica di correttezza e bontà pur con alcuni difetti, ma in conclusione Jo lo è.

E nel momento in cui decide di tagliarsi i capelli per venderli e racimolare qualche soldo per la famiglia, a mio parere, quello è il passaggio decisivo che mostra la vera Jo e sinceramente credo che lo spirito filantropico all’atto del taglio delle trecce sia stato ampiamente surclassato dalla voglia di essere finalmente un ragazzo anche agli occhi di tutta la famiglia.

Che poi Jo decida di fidanzarsi, sposarsi e avere due figli è solo un cambiamento che la Alcott ha imposto al racconto per far contenti i lettori dell’epoca, quindi non farei troppo affidamento sulle decisioni conclusive di Jo e per me lei resterà sempre una donna con un forte desiderio di emancipazione (anche economica, cosa molto all’avanguardia per l’epoca) che non si è mai voluta conformare alle regole di società.

A proposito dell’ambiente in cui vivono e crescono le sorelle March, quello che mi è sembrato molto strano è che pur essendo in piena guerra di Secessione le March e così tutti i vicini di casa e gli amici continuano a comportarsi come se nulla fosse; la guerra non entra MAI in prima persona nei discorsi della signora March e nonostante gli accenni ad un capofamiglia al fronte e a “certe” calze da preparare per “certi” soldati, la serenità e l’equilibrio famigliare sembrano essere, anziché spezzati dall’arrivo della guerra, dalla mancanza proprio di quel padre. Tant’è che queste continuano a partecipare a feste, serate danzanti e a soggiornare in campagna in estate in attesa che lui ritorni.

Cosa poi ancora più bizzarra, nella mia edizione per bambini il ritorno a casa del signor March è dovuto al fatto di essere stato colpito in combattimento, mentre in realtà nell’edizione Einaudi papà March si ammala di broncopolmonite o qualcosa del genere. Niente a che fare quindi con una presenza eroica tra bombe e mortai...!

Molto interessante invece lo sforzo che ognuna delle sorelle fa, su consiglio della madre, di migliorarsi, superare i propri difetti e avere sempre un’etica corretta, e anche in questo caso prendo a esempio Jo che nel corso del primo libro è frequentemente protagonista di eccessi d’ira e atteggiamenti burberi che pian piano lei modifica a favore di un comportamento meno inadeguato.

Non ho nulla di particolare da dire per quanto riguarda “Piccoli uomini” e “I ragazzi di Jo” (quest’ultimo mai letto prima) in quanto li ho trovati troppo zeppi di buonismo e solidarietà zuccherosa; sono da tenere in conto solamente se volete capire come i concetti moralmente giusti dei primi due libri vengono poi messi in atto dalle sorelle - meno una, perché come si sa Beth muore - una volta cresciute e con una famiglia ciascuna a cui badare.

Solo una nota su “Piccoli uomini”: il libro, come dice la stessa voce narrante, non segue una vera e propria trama ed è solamente un racconto a episodi di quello che succedeva ai vari piccoli abitanti di Plumfield, l’istituto per orfani fondato da Jo e dal signor Bhaer suo marito.

In conclusione, a parte gli intoppi per un’edizione davvero scarsamente curata, ho rivissuto con piacere la lettura di una serie che è stata la mia preferita durante l’infanzia.

Ovviamente sconsiglio di acquistare questa edizione!

8½/10

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