sabato 10 giugno 2006

Fernando Botero - "Arte e felicità"

Concentrata e telegrafica è questa mostra dedicata a Fernando Botero: poco più di venti opere tra nature morte, nudi femminili, soggetti vari e sculture di donne burrose.
E’ la prima volta che entro nella Galleria Tega di Milano, sede della mostra, quindi non so come vengano di solito allestite le esposizioni da loro curate, ma a prima vista questa mostra mi è sembrata senza troppe pretese, in un ambiente così ristretto in cui non era facile apprezzare al meglio i quadri di grandi dimensioni, come quello che ritrae una donna di spalle il cui morbido corpo occupa quasi totalmente la superficie della tela e di cui non so nemmeno il titolo, dato che per nessuna opera o scultura era prevista una targhetta esplicativa (chiara mossa commerciale per indurre gli astanti ad acquistare il catalogo dell’esposizione…?).
La mostra comunque è davvero gradevole, i colori sgargianti dominano i dipinti di Botero e, anche in quelli in cui sono presenti sfondi scuri, quello che emerge non è mai tristezza ma la felicità del titolo della mostra, in cui l’austerità apparente che traspare dalle posture dei soggetti è più buffa che cupa, alleggerita anche da tutta una serie di particolari (un anello, degli orecchini, la trama di un vestito, lo smalto rosso sulle unghie, ecc…); le fette d'anguria delle nature morte sono così tonde, piene, colorate, succose, che si ha quasi il desiderio di addentarle; una caraffa panciuta e prosperosa ha quasi le sembianza di una fila di salsicce appese; una finestra aperta incornicia un cielo terso nel quale passano nuvolette bianche simili a quelle di Magritte che fanno pensare all’infinito, mentre una porta socchiusa svela invece degli ambienti domestici in cui le tipiche donne boteriane sono colte in atteggiamenti intimi (nel bagno mentre si spazzolano i capelli ad esempio) o “casalinghi”.
I soggetti ritratti tendono quasi sempre a rivolgere lo sguardo oltre le nostre spalle, verso un punto indefinito; questo secondo me non indica distacco e sterilità della scena ritratta (come spesso i critici ritengono), ma un modo per eliminare il fattore voyeuristico, la malizia: l’apparente indifferenza dei personaggi evidenzia la tranquillità e la serenità, soprattutto in quadri in cui le donne vengono colte nella loro totale nudità, una nudità che in questo modo diventa una “cosa normale” e non una cosa su cui sghignazzare sotto i baffi data l’opulenza delle figure e le enormi dimensioni di cosce e glutei.
Le sculture, poi, rendono in maniera tridimensionale gli abbondanti corpi femminili; si ha l’impressione di vedere uscire dalla tela e materializzarsi lì davanti a te la stessa donna dipinta, effetto curioso accentuato anche dal fatto che i volti appartengono quasi tutti alla medesima modella.
E’ quindi una mostra davvero interessante, peccato per la sua “telegraficità”: si può benissimo visitare in un’ora scarsa… molto scarsa…

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