mercoledì 7 giugno 2006

"Il codice da Vinci" di Ron Howard (2006)


Fischiato e deriso dal pubblico in sala che l’aveva visto in anteprima a Cannes, oggetto di scandali associati al libro da cui è tratto, alla fine questo film risulta essere un riassuntone non troppo riuscito del libro di Brown. E non so quale dei due sia il più inutile e brutto.
Troppi i tagli che modificano i numerosi intrecci del libro facendoli diventare davvero poco credibili (esempio con spoiler: Langdon viene avvicinato da Fache durante una conferenza, il primo è circondato da numerosi fans e il poliziotto cosa fa? estrae dal taschino una foto della scena del delitto, da tenere assolutamente all’oscuro dai curiosi, sventolandola sotto il naso di Langdon, vi sembra normale?); i flash-back vengono abusati in ogni parte della pellicola, come se gli spettatori non fossero in grado di seguire il filo logico delle parole dei protagonisti, senza vederlo trasformato ogni volta in una specie di quegli affreschi/dipinti che nel Medioevo venivano utilizzati per raccontare agli analfabeti la storia della Bibbia.
Sono stati inseriti molti episodi non presenti nel libro e altri invece sono stati totalmente omessi (spoiler: i cilindri in realtà erano due), questo però non è servito ad aumentare il ritmo e la tensione, elementi tutt’altro che presenti, e dal secondo tempo il poco entusiasmo presente in sala ha iniziato anche a scemare.
I personaggi in versione celluloide sono molto diversi da quelli originali: Langdon addirittura si dice contrario alle teorie del suo amico inglese (ma quando mai???) e fa emergere un lato del suo cervello che a quanto pare è altamente sviluppato per sciogliere gli enigmi (ma non era Sophie quella esperta?), e Sophie, che nel libro aveva una certa verve, nel film è alquanto moscetta e per nulla sveglia anche se sa guidare la Smart meglio di Schumacher (ma per favore!).
E come se non bastasse, i monaci parlano in latino al cellulare.
E il finale? Tutto inventato e che finisce col prendere le distanze da quel fiume d’inchiostro di Brown; scelta resa evidente anche dal comportamento scettico di Lagdon nei confronti del Baronetto, come a dire: “Io (Ron Howard) non prendo nessuna posizione, e divido il mio film a metà assecondando sia chi crede a queste teorie, sia chi invece vuole rimanere fedele a quanto detto dalla Chiesa”.
Mi rendo conto di aver scritto piuttosto male questa recenZione, ma non ho intenzione di sprecare più tempo per questa cavolata di film.

3/10

P. S.: a Ron, ridamme i soldi!

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