venerdì 11 agosto 2006

"Maggie: una ragazza di strada" di Stephen Crane

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E’ con la triste e cruda storia di Maggie che questo scrittore, morto di tubercolosi a soli 29 anni nel 1900, esordì nell’ambiente letterario.
Attraverso la storia di Maggie conosciamo anche la vita dei bassifondi di New York nel 1893, e di tutta la sottospecie umana che ne faceva parte, fra violenza, vita di stenti, alcolismo, prostituzione e orrori di ogni sorta mai raccontati prima.
Crane potrebbe essere considerato il Dickens d’oltre oceano: utilizza un’ironia cinica simile a quella dello scrittore inglese, per seguire, quasi con distacco, la vicenda narrata; questa ironia però accentua lo squallore e l’infelicità che schiaccia gli abitanti del Bowery, il quartiere in cui nasce e cresce Maggie.
La povera Maggie, poco più che adolescente, cerca in tutti i modi di sfuggire alle brutture della famiglia e del quartiere malfamato; trova la “salvezza” nella figura di Pete, amico del fratello maggiore, attirato dalla candida e innocente bellezza della giovane ragazza.
Ma la vita con Pete non è rosa e diversa da tutto quello che fin lì Maggie aveva conosciuto, la giovane rimane costretta entro i confini del Bowery e non vedrà mai cosa c’è al di là. Come a dire che non si può cancellare il passato, le proprie origini e non c’è salvezza per nessuno, forse l’unica via è il suicidio.
L’ultimo capitolo che vede come protagonista Maggie, è il più disperato: ormai la ragazza ha perso ogni aspetto che la distingueva dalla plebaglia, solo una certa grazia nei movimenti le è rimasta, ma non viene più nominata per nome, diventando così una ragazza come tante, una ragazza di strada.
E’ un breve romanzo molto toccante, che rimane impresso non solo per l’infelice storia, ma anche per la bravura dello scrittore che con il suo stile di scrittura colpisce profondamente il lettore.

9/10

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