domenica 11 novembre 2007

Libri di noia e libri di punk

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In venticinque parole:

Lei disperata gli chiede “Ci rincontreremo?”, lui noncurante farfuglia. Poi sospirando convolano a nozze. Ma lui tragicamente muore... lei lo bramerà per sempre.

Che palle.

5/10

Angel

Elizabeth Taylor

Neri Pozza, € 16.50

P.S.: questo libro fa parte della lista scelta per la “Book to movie challenge”. Clicca.

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A metà tra un saggio e un romanzo autobiografico, l’autore ripercorre gli anni a cavallo tra il Settanta e l’Ottanta quando il fenomeno punk arrivò in Italia e lui, poco più che adolescente, ne prese parte attivamente.

Marco Philopat cerca di spiegare cosa c’era oltre alle creste di capelli decolorati, alle borchie, ai poghi forsennati e allo stile di vita dissoluto; elementi superficiali che non bastavano a far comprendere, per chi li osservava al di fuori, le vere ragioni e gli ideali culturali-politico-sociali che spingevano i giovani di allora a lasciarsi alle spalle, anche ad un’età davvero troppo giovane (quattordici, quindici anni), i genitori, la scuola, il lavoro e a vivere in comune portando avanti teorie e principi radicali e anche un po’ utopistici.

Lo stesso Philopat, nei primi mesi della sua adesione al punk, sembra ammettere fra le righe che da quindicenne era solo attirato dall’aspetto esteriore del fenomeno; col passare del tempo, crescendo con gente che già da tempo seguiva quello stile di vita, comprende però appieno cosa vuol dire “essere punk” e la sua militanza diviene sempre più partecipe e consapevole, fino a diventare uno dei membri fondatori di tante iniziative della scena milanese.

Il romanzo segue, di conseguenza, anche l’evolversi dallo spaccato musicale punk, ma si dovrebbe specificare che il libro ripercorre quasi esclusivamente la cornice milanese, essendo l’autore nato e cresciuto a Milano, con brevi incursioni sullo scenario di qualche città italiana che in quel periodo stava assistendo alla stessa diffusione.

Davvero interessante è quindi (ri)scoprire i gruppi musicali più importanti che spopolavano a Milano, e che con i loro testi erano estremamente collegati all’attivismo dei collettivi punk, essendone in tutto e per tutto un’estensione.

Peccato che negli ultimi due capitoli la narrazione diventi molto vicina a un elenco sintetico degli avvenimenti della vita di Philopat e dei compagni fino allo sgombero della casa occupata in via Correggio a Milano, centro di tutto il movimento fino al maggio 1984. Resta comunque una parte conclusiva interessante e divertente per i suoi sprazzi di ironia presenti in tutto il testo, ma comunque troppo frammentaria.

Da segnalare il bizzarro e innovativo (bizzarro per noi che negli anni ’80 eravamo ancora troppo piccoli...) metodo di scrittura, spiegato così dallo stesso Philopat: “(...) nella narrazione infatti non vi sono né punti né virgole, come avviene naturalmente nelle conversazioni, un flusso di coscienza spezzettato simile al balbettio di un oratore concitato. (...) Non esistono segni grafici, solo ritmo, pause e intonazioni, spetta a chi ascolta il compito di interpretarle. Un modo, mi auguravo, per dare più importanza alle parole, dove il sangue poteva finalmente scorrere fra le righe.

Aggiungo io poi che questo stile di scrittura era uno dei metodi più utilizzati nelle punkzine dell’epoca [riviste di diffusione culturale punk].

Consigliato a chi vuole approfondire l’argomento, perché magari pensa che i punk sono quelli che ieri pomeriggio a visto in fiera di Sinigallia a Milano... niente di più sbagliato: quelli sono solo una penosa emulazione.

8/10

Costretti a sanguinare. Il romanzo del punk italiano 1977-1984

Marco Philopat

Einaudi stile libero, Einaudi, € 13.50

E tanto per non dimenticarcela: Jo Squillo [che ha sempre frequentato la casa di via Correggio] con “Violentami” nel programma “Azzurro” del 1983.

Potrebbe provocare grasse risate il testo e sfottimento a iosa il modo in cui lei canta (tra l'altro in play-back), ma c’è da precisare che il testo è come non mai attuale, dato che quegli anni avevano visto un aumento spropositato di violenze sulle donne nei mezzi pubblici... poi se lei canta un po’ male e la musica di base ricorda vagamente "Blitzkrieg Bop" dei Ramones, non importa, è il concetto che conta.

Peccato poi Jo Squillo sia finita a fare la show-girl in minigonna...



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