sabato 19 gennaio 2008

Niente voti questa volta

img90/7718/nanammazzatoioqv9.jpg

L’ammazzatoio

Émile Zola

contenuto nel volume “Nanà e l’ammazzatoio”, Newton & Compton, 1.90 € [era mooolto scontato]

Settimo tomo della saga dei Rougon-Macquart (io, con questo, ne ho solo letti tre, e pensare che in totale sono VENTI); pubblicato nel 1877, una decina d’anni prima di “Germinal” in cui è raccontata la vita dei minatori francesi in un susseguirsi di catastrofi concatenate fino alla tragedia finale, ne “L’ammazzatoio” è la classe operaia parigina ad essere la protagonista.

Gervaise viene abbandonata dal compagno, da cui ha avuto due figli, dopo che questo ha scialacquato tutta l’eredità avuta da una parente morta di vecchiaia.

La giovane, trovatasi completamente allo sbaraglio con due figli piccoli, si rimbocca le maniche e riesce nell’arco di vent’anni a toccare la cima della rispettabilità più che decorosa, della ricchezza e della felicità famigliare sposando l’operaio Copeau.

Purtroppo però il destino beffardo, che si abbatte sempre e comunque sui personaggi di Zola [anche se io al destino non ci credo - e l’avrò ripetuto cento volte...], non lesina disgrazie nemmeno alla povera Gervaise.

Nella miseria degli operai della grande metropoli, anche lei pian piano verrà risucchiata nella stessa melma e se ne andranno così in fumo tutti i sacrifici fatti e tutta la buona volontà di vivere felici.

“L’ammazzatoio” ripercorre tutte le tappe di una famiglia qualunque, partita dal nulla e arrivata poi al benessere nella grande Parigi operaia; lo scorrere della vita della famiglia Copeau è però confinato entro le vie dei quartieri popolari, in cui la miseria si ritrova ovunque e la gente più povera vive peggio che i topi.

Gli stessi Copeau, dopo una serenità economica sbandierata, finiranno a marcire nei vicoli putridi della Parigi suburbana tra alcol, violenza, lussuria e sporcizia.

La degradazione totale, in una città come quella centro del racconto, piena di tentazioni - fra le quali spicca il locale “L’ammazzatoio”, dove gli operai sperperano la paga settimanale in alcol puro - è all’ordine del giorno e prima o poi tutti finiranno per cadere nel sottile baratro che separa una vita dignitosa da una disseminata di bruttezze di ogni tipo.

Un libro angosciante e opprimente che di certo non rileggerò...

img525/1774/nanamanetsb6.jpg

[Nanà - Edouard Manet, 1877]

Nanà

Émile Zola

contenuto sempre nel volume “Nanà e l’ammazzatoio” edito da Newton & Compton, 1.90 €

Anche questo volume fa parte della saga dei Rougon-Macquart ed è il seguito, a distanza di qualche anno di narrazione, de “L’ammazzatoio”; protagonista della vicenda è Anna, detta Nanà, figlia di Gervaise e Coupeau.

Dopo un paio d’anni di vita vagabonda e, ovviamente, anche di prostituzione, avevamo lasciato Nanà, alla fine de “L’ammazzatoio”, in preda alla frenesia di ricchezza e alla dissolutezza più totale, rinnegando anche la famiglia - ma dopotutto, con dei genitori così cosa sarebbe mai potuto uscire di buono dai figli?

Nanà quindi, dopo esser scappata di casa a più riprese, come abbiamo appunto visto ne “L’ammazzatoio”, è finita ora, a 18 anni d’età, come mantenuta di un paio di ricchi uomini tra lo sfarzo di un appartamento non suo, portandosi dietro la sciatteria e la trascuratezza degli anni trascorsi per strada facendo la spola a casa da mamma e papà alcolizzati e indebitati fino al collo.

Ha un bambino, di circa tre anni. Ma troppo pigra per prendersene cura, ha riallacciato i rapporti con una vecchia zia che ha preso quindi con sé il figlioletto allevandolo non si sa bene sotto quali principi.

Presa dallo spirito “creativo” si è anche presentata davanti ad un impresario teatrale dicendosi disposta a diventare attrice e cantante, sfondando quindi nel mondo dello spettacolo frequentato dall’alta borghesia.

Ma siccome le sue doti fanno letteralmente pena, il finanziatore degli spettacoli ha ben deciso di presentarla sul palco nuda, coperta solamente da uno straccetto trasparente, che così almeno alle stecche non ci bada nessuno.

Dopo aver occupato queste prime pagine mostrandoci Nanà com’è ora, cosa fa e come vive, Zola si perde in noiose pagine incentrate sulle banali e ridicole conversazioni dei signorotti dell’epoca; nelle descrizioni di pranzi sontuosi, sì, ma sonnolenti in maniera catastrofica e nella cronaca della monotona vita di Nanà che, approdata definitivamente tra i ricchi, è diventata noiosa pure lei.

Non sono riuscita davvero a finire il romanzo, e non so quindi quale sia la conclusione della vita di Nanà, ma credo non serva saperlo; sicuramente morirà con la gonorrea, o di parto, o ancora nella povertà più schifosa come i genitori.

Quello che è certo è che Zola non è mai paterno nei confronti delle sue creature letterarie, quindi aspettiamoci la cosa più brutta che ci sia al mondo per la sorte della misera Nanà...

P.s.: sia “L’ammazzatoio” che “Nanà” erano nella lista dei libri da leggere per la sfida “Book to movie challenge” (ormai scaduta all’inizio di gennaio). Qui.

img525/4267/venerejq4.jpg

Il delta di Venere

Anaïs Nin

I grandi tascabili, Bompiani [il prezzo di copertina non lo so, è stato un regalo di Natale ;-)]

Non sapevo che “Il delta di Venere” fosse una raccolta di racconti, e leggendo i primi che compongono il libro già mi stavo convincendo che era meglio lasciar perdere: primo, perché non amo i racconti (finiscono troppo presto, e invece io dei personaggi voglio sapere tutto, soprattutto della loro psicologia, che in un racconto ha inevitabilmente poco spazio); secondo, perché racconti come “Matilde” o “L’avventuriero inglese” sono proprio brutti! Presentano i classici cliché erotici in cui non manca mai l’uomo adulto che si diverte con le bambine, l’incesto o ancora il collegio (sia esso maschile o femminile) che di notte si trasforma in un covo orgiastico.

Dopo qualche ricerca ho scoperto però che proprio quei primi racconti non sono di Anaïs Nin, ma bensì di Henry Miller. Cosa che nella prefazione non è specificata, o meglio, è sì riportato che la stesura a pagamento dei racconti de “Il delta di Venere” era stata commissionata inizialmente a Miller e che, poi stufo, aveva appioppato tutto il lavoro ad Anaïs, ma letto così uno dà per scontato che TUTTI i racconti della raccolta siano quindi della sola Nin. E invece, a quanto pare, si è deciso di pubblicarla interamente senza eliminare gli scritti di Miller che, ripeto, sono bruttissimi...

Nel proseguire con la lettura devo dire che questo è un particolare però piuttosto trascurabile, grazie alla bellezza e alla ricchezza linguistica dei racconti successivi.

Tutto si potrebbe racchiudere a emblema nel racconto “Elena”, che occupa la parte centrale del libro e che ci presenta diversi personaggi che diventeranno, soprattutto tra quelli secondari e di passaggio, via via i protagonisti delle narrazioni successive della raccolta.

La giovane Elena è il fulcro di una storia raffinata e voluttuosa, in cui la sua crescita sensuale ed erotica è mostrata ed analizzata senza mai porre l’accento sul lato carnale e strettamente provocatorio del contesto narrativo. Le sue esperienze sessuali non servono solo a far scattare nel lettore la scintilla del piacere, ma anche (e secondo me, soprattutto) ad indagare l’animo femminile che, anche nel momento dell’unione fisica, segue determinati percorsi inscindibili dalla sfera affettiva. Elena infatti non agisce mai secondo gli istinti più bassi, ma lo fa esclusivamente per approfondire e scoprire nuovi lati del rapporto che ha con l’uomo che ama o, se si unisce con altri partner, per sperimentare una determinata situazione che la riporterà poi - più matura, più donna - dal suo compagno.

Il tutto descritto ed esaminato attraverso un lessico ricercato e di classe, mai volgare nemmeno durante le descrizioni esplicite di atti sessuali; anche in quei casi l’attenzione è posta su quello che le due persone che si uniscono provano e sentono l’una verso l’altra.

Niente a confronto con lo stile di Henry Miller: sciatto, sgraziato che mentre lo leggi hai proprio l’impressione di seguire i racconti porno d’osteria.

Un consiglio: uomini, leggetelo! imparerete sicuramente a capire un pochino meglio noi donne...

img90/4818/stardustek0.jpg

Stardust

Neil Gaiman

Mondadori, 15.00 € [io l’ho preso in biblioteca, però c’è anche l’edizione economica nella collana Bestsellers a 8.80 € o, meglio ancora, quella bellissima illustrata da Charles Vess’ edita da Vertigo in lingua originale]

In una fredda sera di ottobre una stella cadente attraversa il cielo e il giovane TristRan (sì, con la R!), per conquistare la bellissima Victoria, promette di andarla a prendere...

Una delicata favola per noi adulti in cui magia, amore e avventura ci riporteranno con la mente alla nostra infanzia quando eravamo piccoli e ascoltavamo incantati le fiabe che i nostri genitori ci raccontavano.

Un piccolo romanzo che si legge in un soffio in un pomeriggio uggioso costretti a passarlo in casa, dove ci dimenticheremo del rumore della pioggia sui vetri.

Una poetica fiaba da ricordarsi quando guarderemo con i nostri bambini le stelle cadenti cadere d’estate...

img525/8941/scaviasq0.jpg

Se non posso averti

Maria Elisabetta Scavia

Mondadori, 17 € [D-I-C-I-A-S-S-E-T-T-E euro!!! per fortuna esistono le biblioteche]

Nell’Inghilterra di fine Settecento, lui ha sessant’anni e lei quattordici. Riusciranno ad amarsi tranquillamente?

Tutta la carica erotica e sensuale provata con “Il delta di Venere”, leggendo questo libro mi si è ammosciata di brutto.

Tuttavia, criticare l’esordio letterario di una ragazzina di appena quattordici anni (sì, giuro! Maria Elisabetta Scavia è nata nel 1993) è un po’ come sparare sulla croce rossa...

Dire che è zeppo di ripetizioni, carente di descrizioni utili a contestualizzare la narrazione, infantile nello stile che fa automaticamente sembrare grottesca la lunga serie di rapporti sessuali descritti minuziosamente, non mi sembra il caso [anche se, detto così, ormai l’ho criticato comunque!].

E’ un tragico polpettone ambientato tra il 1788 e il 1789 che vede come oggetto l’amore proibito tra un vegliardo sessantenne e una teen-ager di altri tempi, che potrebbe essere riproposto, tagliando e cambiando gli scarsi riferimenti storici, trasformandolo in un semplice colpo di testa del 2008 di un uomo già grande che si invaghisce di una bambinetta capricciosa.

In fondo, lui e lei si incontrano nel bosco o si rubano un bacio tra gli anfratti del maniero feudale di lei, come potrebbero farlo due nel buio di un cinema che proietta “Tre metri sopra il cielo” o in fila da McDonald’s mentre prendono un Happy Meal...

Insomma, è un romanzone un po’ ingenuotto che sa di rimaneggiato nelle parti “spinte” e che ricalca abbastanza fedelmente i classici di Jane Austen. Solo che è targato made in china.

Nessun commento:

Posta un commento