martedì 3 ottobre 2006

"Profumo - storia di un assassino" di Tom Tykwer (2006) | "Tutto l'amore che c'è" di Sergio Rubini (2000)

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Nella Puglia degli anni ’70 un gruppo di ragazzi, in bilico tra l’adolescenza e la vita adulta, vedono stravolgersi il loro, già precario, equilibrio dall’arrivo di tre sorelle “del Nord” emancipate e trasgressive.
Il film è una divertente commedia giovanile i cui risvolti si fanno via, via più seri con l’inserimento di tematiche come la lotta operaia e la fine del sogno comunista, quest’ultimo impersonificato dallo “zotico” del paese interpretato da un adatto ma, per certi versi, poco credibile Gerard Depardieu - l’attore è stato doppiato, fa quindi ridere vedere un pugliese che urla “chite murt” col birignao parigino…
Non sempre però la trama risulta essere chiara e i rapporti tra i ragazzi e le ragazze sembrano solo accennati; molti dei fatti e dei comportamenti li si capiscono solo per vaghe allusioni.
Si ha quindi l’impressione che Rubini abbia messo troppa carne al fuoco, soprattutto per quanto riguarda gli argomenti di carattere politico-sociale dell’epoca: a volte fanno la loro comparsa nei dialoghi dei giovani in maniera troppo forzata; come se per girare un film ambientato negli anni ’70 lo si debba per forza contornare da quel determinato contesto politico, quando invece per quasi la metà del film la storia si è focalizzata solamente sulla vita dei protagonisti, così a dare esclusivamente uno spaccato della gioventù del periodo senza complicazioni di sorta.
E’ un film comunque godibile, ben recitato (quasi tutti gli attori erano alla loro prima esperienza cinematografica) e che, nonostante sia ambientato negli anni ’70, riesce a coinvolgere anche chi ha trascorso i suoi ventanni molto tempo dopo.

6½/10

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Dopo aver letto il libro, che non mi era piaciuto per niente, il film si è rivelato molto peggiore dell’originale.
Quasi tre ore di film potevano dare una visione più ampia della trama, senza dover per forza applicare tutti quei tagli alla sceneggiatura, di conseguenza i fatti raccontati sono pochini e la lunghezza della pellicola è tutta da imputare alla leeen-teee-zzaaa.
Inutile dirlo che mi sono di nuovo addormentata… ultimamente le poltrone del cinema mi fanno questo effetto.
Se nel libro mi aveva molto infastidita il finale, vederlo dal vero e non sulla carta è stato ancora più “traumatico”: un ammasso di corpi nudi che si attorcigliano, sovrastato da uno psicopatico con un orgasmo olfattivo. Ha senso secondo voi?
Oltre ai tagli, la storia ha subito numerose modifiche: il già citato finale, che stravolge in alcune parti la vera conclusione; il protagonista, che doveva essere un orrendo storpio con pustole purulente in faccia, è invece un leggiadro figliuolo con gli occhi azzurri; e così via.
Non ho mai visto recitare così male Dustin Hoffman (nei panni del maestro); sì, sono ormai lontani i tempi de “Il laureato”…
Il regista si è avvalso dell’aiuto della computer grafica, ma l’esoso budget a sua disposizione non è riuscito a creare nulla di credibile. Guardate la Londra vittoriana ricostruita virtualmente ne “Oliver Twist” di Polanski, vi accorgerete così di come Tykwer abbia saputo sperperare stupendamente tutti i suoi fondi.
Ottima la sequenza iniziale della nascita del protagonista: sembra proprio di sentire tutti quegli odori, ed è molto più d’impatto che sulla carta.
Il resto è da dimenticare come una puzza molesta.

4½/10


P. S.: D’ora in poi non voglio più sentire la parola “scellerato”.

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