sabato 8 luglio 2006

"Ultimi raggi di luna - Collection" n. 2-3

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Dopo un promettente inizio, la serie ha cominciato a peggiorare seriamente dalla metà del secondo numero fino al sospirato terzo e ultimo volume.
Innanzitutto i lunghissimi dialoghi: ma quanto parlano i personaggi??? Cara Ai Yazawa, forse non hai capito la differenza tra manga/fumetto e romanzo! E’ nel secondo che si deve valorizzare il parlato e le descrizioni, nel primo - di tua competenza - a svolgere tutto ciò ci pensano, per il 60% del lavoro, i disegni.
Inoltre durante questi divertentissimi papiri da leggere, i personaggi nel clou del discorso urlano, sì, URLANO, ad esempio:

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il ragazzino sbraita “Proviamo a controllare nei negozi più costosi, quelli che trattano soprattutto il materiale d’importazione!”, la bambina invece medita estasiata… e capita sempre così, uno urla e gli altri stanno lì come se niente fosse (la vignetta va letta da destra verso sinistra).
La storia, singolare e ricca di colpi di scena, sarebbe stata decisamente avvincente se solo la si sarebbe ridotta di un bel po’, e a dilatare questa sensazione è colpa anche dei noiosissimi dialoghi.
Per non parlare della comicità fuori luogo che scatena nei personaggi, soprattutto nei momenti di maggiore intensità, delle battute davvero penose.
E’ indubbio comunque che la Yazawa riesce a esprimere con le sue matite ogni tipo di sensazione, e soprattutto nelle scene in cui ci si trova in una dimensione parallela (una sorta di purgatorio) si ha proprio l’impressione di essere circondati da un’atmosfera ovattata, dal silenzio quasi opprimente.
Il pregio maggiore è dato quindi dai bellissimi disegni, la storia è discreta ma schiacciata da soliloqui interminabili.

voto complessivo: 6/10

venerdì 7 luglio 2006

"Silent Hill" di Christophe Gans (2006)

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Ieri sera avrei dovuto vedere “La spina del diavolo”, film prodotto addirittura da Almodóvar, ma era stato eliminato dalla programmazione senza spiegazioni, così ho ripiegato su quest’altro film tratto da un videogioco, e scettica come sono riguardo ai film horror, di solito chiuderei qui il mio commento, invece
Consiglierei prima di tutto a chi non conosce il giochino per play-station di non leggere assolutamente la trama del film, né di guardare i trailer: entrambi, visti e letti stamattina, tolgono la maggior parte della suspance e dell’inquietudine che si ha nel corso del film, il trailer poi condensa in pochi minuti le scene più spaventose e salienti. Per quanto riguarda chi già seguiva il videogioco, da quanto ho potuto capire, rimarrà un po’ deluso.
I primi cinque minuti introduttivi mi avevano però già fatto ripensare ai soldi spesi per il biglietto: Rose e Christopher non sanno darsi pace per il sonnambulismo della figlioletta adottata di nome Sharon (Zampetti), che nel cuore della notte si fa lunghe passeggiate e che, come E.T., urla “Casa! Casa! Casa!”, riferendosi a un misterioso paese dal nome Silent Hill; in più il paparino - toh, guarda, è Boromir! - delega l’incombente ricerca della figlia sonnambula alla moglie, restandosene sotto il portico a dire “Guarda là, guarda lì!”.
Ma nel momento in cui Rose e Sharon Zampetti raggiungono Silent Hill, di nascosto da Boromir in cerca di una soluzione agli stati di trans della bambina, beh… c’è da aver paura per davvero! Altro che “They” e “Cabin Fever”, quei due sono delle cacchette!
Fotografia spettacolare e inquietante; mentre di solito le inquadrature vengono fatte in soggettiva o semi-soggettiva, in questo caso i momenti clou vengono spesso ripresi solo tenendo fissa la macchina da presa sulla protagonista, tattica perfetta per far rimanere col fiato sospeso lo spettatore che non sa cosa aspettarsi di vedere oltre gli occhi del personaggio; quello che a volte non riesce a fare la computer-grafica e il trucco (i mostri in alcuni casi sono un po’ rigidi) e l’insistere sul riprendere le comparse apparentemente innocue sempre di spalle - stratagemma che, va bene per le prime volte, ma alla ventesima si sa già che quando queste si volteranno avranno delle escrescenze in faccia, del sangue che cola, delle menomazioni fisiche, ecc… - viene svolto da una scenografia e un’ambientazione che con la loro (a prima vista) statica calma sono molto più angoscianti di tutto quello che capita nell’oscurità di Silent Hill.
Ovviamente anche nel buio ne succedono delle belle (e a questo proposito mi terrò alla larga per un po’ dai bambini…) ma come già detto prima i trucchi grafici non sono sempre ai massimi livelli; è soprattutto l’atmosfera silenziosa, candida, che si crea fin da subito a spaventare di più, perché è proprio in quella distensione dei sensi che si celano molti segreti e quando la sirena comincia ad ululare per la terza volta sai già che cosa arriverà. Inoltre la città deserta, la polvere, la fuliggine mi ricordano la spettrale Chernobyl vista nei documentari e nei servizi fotografici, quelle schiere di banchi nella scuola deserta, la bicicletta abbandonata sul ciglio della strada, i fiori ormai secchi in un vaso…
Il finale è un po’ buttato lì, il solito espediente per lasciare ogni soluzione aperta in previsione di un sequel, e dato che di “Silent Hill” in formato videogioco ne sono già usciti quattro…
Ottime le interpretazioni dei personaggi principali e secondari, e poi, dove la trovate una Sharon Zampetti con quel ghigno a soli dodici anni?

9/10

mercoledì 5 luglio 2006

"H2Odio" di Alex Infascelli (2006)

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Alex Infascelli ha scavalcato i cinema ed è andato direttamente dal cartolaio con il suo ultimo film già in versione dvd.
Non vorrei essere nei panni di chi, acquistato giornale+dvd in edicola due mesi fa, si è visto passare il film zitto zitto su Mtv in seconda serata domenica scorsa... Che fregatura!
Il suddetto film sconfina in più generi e alla fine sembra essere più un horror psicologico, dove al narrato (un po’ confusionario) si alternano sequenze oniriche scaturite dalla torbida mente della sanguinaria protagonista, approdata su di un’isola deserta (“Lost”?), di proprietà della famiglia, con quattro amiche per mettere in atto un fantomatico digiuno a base d’acqua e legnetti di liquirizia (mi è venuto in mente un episodio del telefilm di Pippi Calzelunghe, durante il quale Pippi si perde in un bosco al di là dal fiume e per cercare di costruirsi una zattera tenta di emulare i castori rosicchiando la corteccia di un albero…).
Ritmo lento e noiosetto per la prima parte, dalla metà in poi il tutto si fa decisamente più movimentato e il largo uso di tecniche “carpite” dai video-clip e dalla pubblicità diventa più massiccio e aiuta così il ritmo altalenante.
Queste tecniche però non si discostano molto dal “già visto” televisivo, e più che un film innovativo ci si trova così di fronte al solito filmetto da “Horror night” che Mtv ci propina tutti i fine settimana, con i più improbabili titoli: Xiahyutao 1, Xiahyutao 2, Xiahyutao 3 e Xiahyutao il ritorno.
Interessante però la sequenza in cui una delle cinque ragazze tenta di scrivere “Help” sulla parete della piscina, ma viene interrotta lasciando ultimate solo le lettere “Hel”. Se ci aggiungete un’altra L cosa vien fuori…? Sagace, vero?
La musica è costante, lenta, ipnotica e penso sia la parte meglio riuscita del film, rende tangibile l’inquietudine delle protagoniste e mi ricorda la colonna sonora de “My summer of love”, perché è utilizzata nello stesso modo: dietro un’apparente calma ed equilibrio (segnato dal ritmo regolare della musica), si celano molti segreti che sfociano nell’alterazione mentale (sottolineata anch’essa dallo stesso identico motivo musicale che viene interpretato e percepito dallo spettatore in maniera diversa solo in base ai comportamenti delle protagoniste).
Ma ho già accennato alla trama confusionaria, che è un’altra pecca del film: i dialoghi sono a volte difficili da capire e ricordano le frasine new-age dei libri di Maxence Fermine (du palle…); molti degli scatti maniaco-depressivi della protagonista sono perfettamente comprensibili solo dopo l’epilogo che scorre in sovrimpressione, epilogo che sminuisce tutto il film, sul truculento andante fino a quel momento, e lo riduce ad una sorta di “documentario” dove si cerca di spaventare gli spettatori con un’insinuazione alquanto inquietante.
E' solo un film “piacevole” con il quale passare nemmeno due ore di una serata casalinga; d’altronde cosa ci si può aspettare da una pellicola annoverata fra il palinsesto di Mtv?
Oh ragazzi, mi prude una chiappa... non è che…

6/10

martedì 4 luglio 2006

"Hanayori Dango" n. 48




Le mie aspettative sul finale di questo manga si sono rivelate per fortuna infondate; dopo gli ultimi numeri decisamente poco coinvolgenti, l’epilogo della storia è strutturato di nuovo come i primissimi numeri, e tralascia quindi episodi di scarsa importanza (vedi: ritorni a iosa di vecchi personaggi) e favorisce le descrizioni puramente psicologiche dei protagonisti (vedi: narrazione intercalata a quadretti esplicativi dei pensieri di Tsukushi).
Un ottimo finale che, nonostante lasci il lettore un poco insoddisfatto - sono esattamente passati quattro anni dal primo numero, e sinceramente mi aspettavo una conclusione più “concreta” [chi l’ha già letto capirà cosa intendo…] - è molto più realistico del solito e tralascia quel pizzico di surreale/grottesco che ha da sempre segnato questa opera, escludendo inoltre a priori anticipazioni sul futuro dei protagonisti principali che sarebbero sembrate altrimenti troppo forzate.
Ho ripreso i primi numeri, ed è interessante vedere come il tratto della Kamio, da acerbo e poco curato (per non dire bruttino) quale era all’inizio, si sia in dieci anni (il tempo reale di stesura del manga in Giappone) trasformato drasticamente perdendo quella "plasticità" che lo caratterizzava all'inizio..
Sì, è stato davvero un bel manga.
Fine…

voto complessivo: 7½/10

lunedì 3 luglio 2006

"La ragazza della porta accanto" di Luke Greenfield (2004)

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Capita in una noiosa domenica pomeriggio di fare zapping davanti al televisore, ed è proprio così che ho visto scorrere i titoli di testa di questo film che racchiude tutti gli stereotipi sull’ultimo anno scolastico prima del debutto al college (secondo gli americani).
Quindi via con: foto di gruppo goliardiche, scorribande in macchina, le dediche sull’annuario, il rapporto con i professori e con i genitori, le feste con gli amici, le ragazze e i passatempi dei nerd (di cui il protagonista fa parte).
Ci si diverte un po’ a vedere questo film, ma le risate sono poche e comunque non hanno troppe pretese (in film di questo tipo quante volte non avete visto la classica scena con i culi che fanno ciao-ciao appiccicati ai finestrini della macchina in corsa?); inoltre si casca sul modello “vicinona”: la “vicinona” è quella donna/ragazza che la sa più lunga del - in questo caso - nerd, al quale farà conoscere le gioie del sesso con la scusa di fargli imparare a vivere e a conoscere se stesso. Ma la “vicinona”, che è una porno-star sotto mentite spoglie, avrà qualcosa da imparare anche dal nerd di turno: capirà che fare film porno non le si addice perché in fondo è una brava ragazza.
Da quello che poteva essere un film alla “Animal House”, si precipita in un tripudio di buoni sentimenti dove si denuncia anche lo squallore della vita delle porno-star.
Citando una battuta del film: mi spiace, ma “il gioco NON vale la candela”.

5/10