lunedì 4 settembre 2006

"Central do Brasil" di Walter Salles (1998)

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Ogni volta che viene trasmesso in tv, è per me sempre un piacere rivedere questo film.
All’apparenza sembra un film come tanti, dove seguiamo una donna sola e un bambino, rimasto improvvisamente orfano di madre, vagare insieme per i paesaggi desolati del Brasile in cerca della famiglia paterna del ragazzino.
Se ne vedono tanti di film con una trama simile, dove il viaggio on the road porterà i protagonisti a crescere spiritualmente.
“Central do Brasil” è però da vedere con più attenzione, perché non considerato adeguatamente agli Oscar del 1999 - dove era candidato per “Miglior attrice” e “Miglior film straniero”, e dove venne sorpassato (secondo me a torto) rispettivamente dalla molliccia ed eterea Gwyneth Paltrow nei panni di una fantomatica musa ispiratrice di Shakespeare ne “Shakespeare in love” (ma vi rendete conto???) e da “La vita è bella” di Benigni - e perché nella sua delicatezza questo film racchiude molti insegnamenti.
La protagonista femminile, Dora, è interpretata da Fernanda Montenegro, che dire bravissima è poco, ad ogni nuova visione della pellicola si rimane colpiti dalle capacità recitative di questa attrice, e non si ha mai la sensazione di “già visto”, non ti trovi mai a pensare che sai già come andrà a finire quella sequenza, che sai già cosa dirà lei e che espressione avrà, ma rimani avvolto da tutte quelle sensazioni di felicità, commozione e dolore come se fosse la prima volta.
Vero è però che il regista cerca spesso di “aiutare” le sequenze cariche di emotività con inquadrature costruite appositamente per enfatizzarne la sensibilità, e penso a: Dora che piange dietro un vetro che ne nasconde il viso; o ai panni sbattuti dal vento, davanti ai quali il piccolo Josué sprofonda in una commovente tristezza dopo una dolorosa rivelazione; Dora che rincorre Josué attraverso una moltitudine di fedeli in processione.
Sono però piccoli accorgimenti che comunque non eccedono nel melodrammatico, nella telenovela, perché tutto il film è sorretto dalla semplicità, sia per la trama piuttosto comune che per la tecnica compositiva.
Ma è proprio questa semplicità che rende il film bellissimo, commovente, come semplici e comuni sono le lettere che Dora scrive sotto dettatura di numerosi analfabeti, parole di vita quotidiana: una giovane donna che scrive al fidanzato, un uomo lontano da casa, gente che affida la propria vita alla penna di Dora e che crea, forse, la sequenza più struggente di tutto il film, e che riassume quello che il lontano Brasile è, per chi è abituato a vivere in un altro mondo, in tutti i sensi, davvero lontano.
Perché alla fine, il viaggio di Dora e Josué è anche il pretesto per mostrare le condizioni in cui la gente vive in Brasile.

9½/10

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