sabato 10 marzo 2007

"Saturno contro" di Ferzan Ozpetek (2006) e "Borat" di Larry Charles (2006)

“Saturno contro” di Ferzan Ozpetek: C’è qualcosa che non quadra nell’ultimo film di Ozpetek, che già ci aveva abituati ai suoi poliedrici personaggi ne “Le fate ignoranti” – omosessuali, cornuti, ricchi sopra le righe che vivono tutto con serenità – ma in questo film si è rischiato l’accumulo di storie, in una trama corale in cui non sempre tutto viene considerato adeguatamente.
A metà film lo si nota ancora di più: l’elaborazione del lutto, elemento scatenante dell’intera pellicola, crea una stasi narrativa che potrebbe inizialmente far credere ad un finale imminente, questo però arriverà dopo un’ora di incertezze nella quale i diversi personaggi non si sa bene cosa debbano ancora fare.
Vanno avanti per inerzia, tra pianti, disperazione e incertezze esistenziali, cercando di sistemare i propri casini ed eliminare i vizi e le tentazioni.
In questo modo non tutte le storie, per forza di cose, vengono portate a termine in maniera sensata; molti dei personaggi dicono sì e no quattro battute in croce (uno fra i tanti il ragazzo con la torta: che ci sta a fare lì? ah, porta la torta!) a favore invece di quelli interpretati da attori ben più famosi, ma non per questo più importanti per bravura; ché gli esordienti sul grande schermo Ambra Angiolini e Luca Argentero credo valgano quanto Accorsi e compagnia [Ambra Angiolini aveva già recitato in quella pietra miliare di “Favola”, ma lasciamo stare va’…].
Comicità riuscita sì, ma… a volte sa troppo di artificio, di battuta costruita a tavolino, non naturale; come poi tutti i primi piani che scavano, scavano e scavano nell’animo tormentato dei protagonisti con un Stefano Accorsi incipriato e imbellettato con quell’aria sofferente da cane bastonato. Al decimo lungo primo piano BASTA!
Si parla di troppe cose (suicidio, droga, eutanasia, lutto, crisi famigliari, ecc…) ma alla fine tutto è accennato, non analizzato in modo da spingere lo spettatore a farsi una propria idea.
E poi vorrei capire: perché le storie di Ozpetek devono sempre avere a che fare con media borghesia, appartamenti modernissimi, suppellettili all’ultima moda in una pomposità troppo esibita? Vorrà forse dire che “anche i ricchi piangono”?

n. b.: la colonna sonora vale la pena di essere ascoltata, ed è stata composta da Neffa ("io e la mia siiiignoooriiiinaaa..."). Davvero una bella scoperta!

“Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan” di Larry Charles: il più brutto e inutile film che abbia mai visto, e non lo sto dicendo per ingigantire le cose ma è un dato di fatto.
Dopo dieci minuti dall’inizio si è già capito l’intero meccanismo del film, in cui l’80% della comicità è ripetitiva, scontata; le battute e le gags più innocenti inducono sempre e comunque lo spettatore a pensare al sesso e affini e si fa un uso spropositato di doppi sensi. Un esempio? L’interminabile sequenza in cui Borat e l’accompagnatore kazako finiscono per picchiarsi completamente nudi nella stanza d’albergo: dovrebbero essere solamente due uomini che se le danno di santa ragione, ma c’è una continua volgarità, un’insistente allusione al rapporto sessuale anale e ad altre pratiche simili, e ci si preoccupa inspiegabilmente di censurare con un bollino i genitali di Borat, quando invece quelli dell’accompagnatore sono sempre in vista e anche di più.
E non sono né bigotta, né suscettibile a “certe” tematiche, sono solo disgustata da una pellicola che dovrebbe fare satira politica affrontando argomenti fastidiosi per l’America, dissacrando il perbenismo diffuso, e si riduce invece a confezionare una storia stupida zeppa di ironia volutamente spinta e fine a sé stessa, oltre la quale non c’è e non si può leggere la denuncia tanto sbandierata dalla critica.
C’è modo e modo per massacrare divertendosi la politica di un paese, in questo caso si è scelta la via della bassezza a cui nemmeno i Vanzina sono mai arrivati a tanto.
Lo stesso Borat è troppo sopra le righe, troppo eccessivo per far sì che lo spettatore lo ascolti con un po’ d’attenzione durante le sue chiose che, contornate da tutte quelle buffonate, sanno solo di ridicolo.

Si salva solo la bravura degli attori: essendo un finto documentario sull’America girato dal giornalista kazako Borat, i (finti) intervistati sanno essere davvero naturali riuscendo sempre ad essere credibili nella loro sorpresa e sbigottimento.

Le urla favorevoli dei critici a questo film sono per me incomprensibili, poi se leggo cose di questo tipo [dal sito http://www.ilfoglio.it/uploads/camillo/boratnyc.html ]:

I due kazachi, completamente nudi, a metà del film sono protagonisti di una lunga scena (che non racconto) di rara efficacia comica.

Ma soprattutto:

Gli interlocutori non sanno che Borat è un comico, credono davvero di rispondere alle assurde domande di un giornalista kazaco.” [????????!!!!! questo giornalista non ha proprio capito nulla…]

Beh, d’ora in avati mi terrò ben lontana dai loro giudizi ingannevoli.

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