sabato 24 febbraio 2007

"La fiammiferaia" di Aki Kaurismäki (1989)


Cruda storia di Iris, una ragazza sola che vive nell’indifferenza generale, tra un lavoro ripetitivo in una fabbrica di fiammiferi, un rapporto affettivo in famiglia totalmente inesistente come la sua vita sociale, fatta di serata passate a far da tappezzeria in discoteca o a leggere libri per occupare i tempi morti (unici suoi due svaghi).
Come un automa Iris si trascina tra una giornata e l’altra senza slanci vitali, con una profonda tristezza nell’animo, senza pronunciare parola; la prima è rivolta a un cameriere in modo asettico, quella che le dice il patrigno è invece “puttana” mentre la madre fuma imperterrita.
E il gesto del fumare, come tutti gli altri compiuti dalla stessa Iris e da chi la circonda, è l’unico che ci permette di capire un po’ della psicologia dei personaggi, dato che i dialoghi sono diradati al massimo e i pochi che ci sono fanno solo da contorno aggiuntivo ad una deprimente situazione che potrebbe parlare anche solo per immagini.
Tutti coloro che incrociano anche per un solo attimo le loro esistenze con quella di Iris, fumano. E’ come se il fumare rappresentasse la barriera che ognuno di loro pone tra sé e le emozioni. Non di rado Iris piange a letto, sola, prima di spegnere la luce e addormentarsi, mentre gli altri se ne stanno impassibili avvolti dal fumo che espirano con noncuranza.
Nel momento in cui anche Iris prende fra le dita la prima sigaretta, lo spettatore capisce che lo scarto è avvenuto e anche lei è catapultata dalla parte del cinismo.
Un cinismo però a "fin di bene", per un riscatto che, anche se brevissimo, porta la protagonista a sentirsi superiore a tutto prima di ritornare al punto di partenza.

8/10

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