martedì 27 febbraio 2007

"Lone wolf & cub" n. 1 e "Berserk Collection" n. 30

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“Lone wolf & cub” n. 1 di Kazuo Koike e Gôseki Kojima: un anno d’attesa perché il primo volume di questo manga ambientato nel periodo Edo (1600-1868) potesse essere MIO.
Avevo già parcheggiato nel negozio del “fumettaro” di fiducia tutti gli altri numeri, l’ultimo - il n. 22 - è appena uscito, ma mancando il primo (che è il fondamentale per qualsiasi serie) ho potuto iniziare a leggere questo manga solo ora.
Quello che più mi ha colpito di quest’opera è lo stile di Gôseki Kojima (Koike era invece lo sceneggiatore) che, essendo datato 1970 – data di pubblicazione del primo volume – è totalmente diverso da quello degli autori di ultima generazione; con questo però non voglio certo dire che è “vecchio”, è piuttosto caratteristico, particolare: gli occhi a mandorla non sono presi più in considerazione dai mangaka (almeno tra quelli che seguo io…) che tendono a generalizzare i lineamenti dei loro personaggi aiutando anche così lo sbarco in occidente dei loro lavori, in “Lone wolf & cub” invece la fisionomia è quella tipica giapponese, essendo anche una storia ambientata tra samurai, feudi medievale, rônin e kimono.
C’è chi sostiene sia troppo rozzo (!) ma, dico io, dove li trovate de visi di donna così delicati, ovali? e allo stesso tempo la capacità, in quelli maschili, di dare espressioni dure e spietate con l’aiuto di qualche riga? A me piace moltissimo…
Spicca poi la ricostruzione degli ambienti di quel periodo e il taglio cinematografico delle tavole: delle vere e proprie inquadrature che passano dalle panoramiche ai primissimi piani, e danno il senso di movimento del personaggio che si allontana dalla scena o di un atto che si compie in pochissimi secondi (rispettivamente: pag. 150 e pag. 174).
L’intero volume è composto da diversi episodi che, anche se slegati tra loro, riescono a delineare al lettore la psicologia e gli ideali di Ôgami Ittô, il rônin (samurai senza padrone) che per sopravvivere vaga per il Giappone con il figlioletto di tre anni accettando i più svariati e sanguinosi incarichi.
Difficile inizialmente seguire la storia disseminata di diversi vocaboli lasciati in lingua originale perché impossibile tradurli, ma a sopperire l’incomprensibile c’è il glossario a fine volume esaustivo e indispensabile.
Devo dire che come primo volume questo manga ha superato decisamente le mie aspettative!
A breve con i commenti dei restanti ventun numeri (oddio… ce la farò a leggerli tutti prima del 2020?).

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“Berserk Collection” n. 30 di Kentaro Miura: ho impiegato più di due mesi a rileggere dall’inizio l’intera saga con protagonista Gatsu il guerriero nero, ma era sia necessario che doveroso. Primo, perché dopo il primo numero sono passati quasi sei anni (!!) e ormai non ricordavo più molti degli aspetti secondari della storia che, anche se “marginali”, servono comunque all’evolversi dei numerosi intrecci; secondo, perché è un delitto lasciare un manga di così grande portata vegetare sulla mensola una volta letto senza riprenderlo in mano almeno una seconda volta; ma è un’opera così complessa che difficilmente si lascia dimenticare, e prima o poi tutti si lasciano prendere dalla voglia di rileggerlo.
In questi due mesi ho potuto così rendermi conto degli enormi cambiamenti a livello di struttura narrativa, disegno, trame, sottotrame, ecc… che nell’arco di sei anni sono difficili da percepire, perché tra la pubblicazione di un tankobon e l’altro come minimo passavano due mesi (ora anche sei o sette) ed è logico che l’evoluzione, con tempi di attesa così lunghi, la si perde un po’ per strada.
I disegni dei primi numeri, confrontati con quelli dell’ultimo, devo dire che erano un po’ rozzi ma possedevano comunque già dal principio una forte espressività; sono molto coinvolgenti e tuttora toccano il culmine con battaglie sanguinose in un attorcigliarsi di mostri, cadaveri, frattaglie, torture, stupri, arti mozzi e grande minuzia nel disegnare volti pietrificati dall’orrore o contorti dalla rabbia più feroce; ci sono però anche bellissime sequenze distensive in cui l’amore, l’amicizia e i sentimenti più nobili ne sono al centro dell’attenzione.
L’ultimo numero (il 30) mi ha lasciata però molto perplessa per il cambiamento radicale del volto di Gatsu (questo, più degli altri personaggi), non sembra quasi lui in alcuni primi piani. Avrei preferito che l’evoluzione stilistica di Miura si fermasse a dieci numeri fa, ma purtroppo la sperimentazione continua.
La ricostruzione storica del periodo medioevale in cui è ambientata la storia di Gatsu, è quasi maniacale (abiti, scarpine, pizzi, fiocchetti, baffetti, acconciature elaborate, armi, armature, palazzi, mobili) anche se contaminata da stili e trovate piuttosto moderne: il periodo di riferimento è il medioevo inglese - non a caso molti personaggi hanno nomi inglesi e il territorio in cui Gatsu e i suoi compagni si spostano è disseminato di regni e casate dagli appellativi britannici, e in un episodio gli stessi si ritrovano in un luogo molto simile a (anzi, è!) Stonehenge - tuttavia questa non è la regola fondamentale, dato che Miura si riserva la facoltà di discostarsi totalmente da quella che è la storia del vero regno anglosassone; dopotutto sin dal primo numero si è sempre parlato di Impero delle Midlands e mai di Inghilterra vera e propria.
Insomma, è come se Gatsu e compagni agiscano e si trovino un una sorta di mondo parallelo, e il connubio tra realtà e finzione (anche se non è il termine esatto…) è molto forte anche nello sviluppo della vicenda: l’impersonificazione del male vive a stretto contatto con gli uomini, li tenta e sarà la causa e l’inizio dell’incubo terreno in cui Gatsu è costretto a vivere.
Ma Gatsu in un certo senso è tenuto a sopravvivere in quella dimensione satanica perché predestinato fin dalla nascita (e non aggiungo altro!); e se ci fate caso le sue orecchie, a differenza di quelle degli altri personaggi, sono leggermente a punta; richiamano così il mondo degli inferi e fanno da collante tra la vita e la morte che gli spettava di diritto sin dalla nascita (o non nascita, dipende dai punti di vista).
Anche la sua capacità di “entrare in berserk” – stato mentale che amplifica smisuratamente la forza fisica, permettendo all’individuo che ne è investito di compiere gesti naturalmente impossibili [collegato ai Berserker, guerrieri vichinghi al servizio di Odino, la cui particolarità era la stessa ripresa da Miura] – è unita alle conseguenze di cui si parlava poco sopra, tant’è che finora nessun guerriero o mostro avversario è riuscito mai a batterlo, caso mai il combattimento finisce in parità, segno che Gatsu possiede davvero qualcosa di ultraterreno, combinato agli obiettivi che si è prefissato (e anche qua sto sul vago) che gli permettono di amplificare il suo berserk.
A livello di trama, molto elaborata e con la comparsa e ri-comparsa a più riprese degli stessi personaggi, si dà vita a degli intrecci fittissimi e non si riuscirà mai a farne un riassunto senza rischiare di togliere suspance e mistero, e tanto meno ho l’insano proposito di riassumerla. Sarebbe impossibile!
Mi limiterò a un’analisi sommaria degli ultimi numeri, senza star lì a spiegare tutto – chi li ha letti capirà, chi no spero proprio si incuriosisca.

Con rammarico ho notato che ultimamente la trama ha avuto un aumento accelerato di bizzarri e ridicoli mostri. Fiere e creature infernali sono sempre stati presenti sin dal primo numero, e fin qui nulla di strano, anche perché sono uno dei punti di forza del manga, nessuno raggiunge la perfezione e la fantasia di Miura (confronto ovviamente le opere del Sol Levante da me fin qui lette); ma purtroppo gli ultimi mostri sembrano usciti dal circo Barnum: coccodrilli telepatici - bzzz bzzz… passo e chiudo! - elefanti che camminano su due zampe come ne “La fattoria degli animali” di Orwell (ah, non c’erano elefanti lì…?), lucertole-cavallo-oca con piedi palmati ed elefanti (aridaje!) mastodontici che sembrano usciti da un quadro di Dino Buzzati.
Il tutto così sembra prendere una piega più fantasy, ma secondo me “Berserk” è tutto tranne che fantasy. Troppo riduttivo inserirlo sotto questo genere!
Anche l’arrivo della maghetta Shilke qualche numero fa, poteva già far presagire un seguito simile. I suoi poteri magici hanno condizionato l’agire di tutti i personaggi, Gatsu compreso, che dipendono così dal suo aiuto per districarsi da situazioni rischiose.
Ma, sinceramente, i suoi mantra tantrici e annesse cagate varie (come “materializza la mela, materializza la meeelaaa”) non è che mi vadano proprio a genio.
Shilke ha inoltre causato lo spostamento d’attenzione dal triangolo Gatsu-Farnese-Serpico alla sua infatuazione per lo stesso Gatsu, che già prevedo non porterà da nessuna parte: lei è una ragazzina e Gatsu ha altro per la testa.
Invece il triangolo di cui sopra aveva ottime basi di sviluppo, ma – mannaggia a te Miura! – si è deciso di lasciar perdere chiudendo quel capitolo escludendo del tutto il povero Serpico, adducendo principalmente al rischio di incesto (che poi Farnese è così perversa che era anche piuttosto plausibile e non improbabile), e lasciando l’infatuazione della comandantessa delle Sacra Catena di mi’ nonna per Gatsu in primo piano a pari passo con quella di Shilke.
Ma, idem come sopra, Gatsu ha altro per la testa, e lui sotto quel punto di vista ha già dato, e la sua espressione dubbiosa diceva tutto [incontro ravvicinato del terzo tipo Farnese-Ammazzadraghi-Gatsu, ricordate?].
E poi Farnese è deboluccia, come potrebbe Gatsu accettarla come sostituta di Caska? Serpico era l’uomo giusto per lei, impassibile e impeccabile che cela dietro quella staticità un’arguzia sottile e diabolica. Ah, che uomo. [poi da quando il mese scorso ho scoperto che il nuovo farmacista giù in paese è uguale a lui… *sbav*]
Che dire di Caska e Charlotte? la prima saranno 89 numeri – scherzo, ma ci siamo quasi – che ha perso la ragione e le uniche parole che pronuncia sono gggh, mmgldosjhi e sprlfgmumh che di certo non aiutano il lettore a sperare in un suo imminente “rinsavimento”, e l’intero gruppo se la deve trascinare dietro a peso morto; la seconda sta lì a ricamare le gesta di Grifis-Phemt per poi volare via con lui, redivivo, sul suo letto a baldacchino nella notte.
Mi è venuto in mente “Pomi d’ottone e manici di scopa”. Grasse risate.
Però, tirate le somme, Charlotte al momento resta il personaggio femminile più interessante; lasciata in disparte troppo presto, ora che si è potuta ricongiungere con il suo amato (anche se è un amore a senso unico, a parer mio) la sua presenza sarà fondamentale per l’evolversi dei prossimi episodi. Mi ricorda anche le protagoniste dei romanzi Ottocenteschi, che trasposte in versione manga corrispondono, di recente, a “Emma” di Kaoru Mori.
La formazione della nuova Armata dei Falchi, di nuovo capitanata da Grifis-Phemt, è presentata in maniera impeccabile, dopo un calo di tensione con battaglie tutte uguali che occupano interi tankobon e pochi fatti da raccontare. Queste pagine invece sono l’apoteosi.
Ho notato però che, purtroppo, le vicende di Gatsu stanno procedendo sempre più verso il finale, anche se fin troppi fatti sono ancora in sospeso – come la figura del Cavaliere del Teschio, ad esempio – la ricerca di una nave per raggiungere la terra natia di Pak porterà l’intero gruppo verso la libertà, ed è proprio la parola “libertà” che mette un po’ d’ansia: una volta raggiunta, significa che le gesta di Gatsu si concluderanno e che i lettori affezionati, non potendole più seguire, si sentiranno un po’ abbandonati.
Ma come è giusto, nulla può durare in eterno e “Berserk” è comunque costretto ad arrivare a un finale definitivo.

n.b.: il numero in questione non è recente, è infatti uscito a novembre del 2006 ma per motivi, diciamo, logistici , l’ho letto solo qualche settimana fa.

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