venerdì 2 dicembre 2005

"My summer of love" di Pawel Pawlikowski


Trama: durante un pomeriggio assolato la solitaria Lisa (soprannominata “Monna”) conosce per caso Tamsin, figlia di un ricco uomo d’affari. Le due ragazze trascorrono insieme il resto dell’estate, mentre il loro rapporto evolve in qualcosa di più intenso ostacolato però da Phil, il fratello bigotto di Monna.

Monna e Tamsin sono l’una l’opposto dell’altra: la prima subisce le decisioni del fratello, scopertosi improvvisamente un fervente cattolico, mentre tenta di spingerla sulla retta via; la seconda è ricca, viziata, è stata sospesa da scuola per il suo cattivo ascendente sui compagni e dai suoi atteggiamenti da donna vissuta è chiaro che cerca di essere sempre al centro dell’attenzione perché annoiata.

La noia però, anche se entrambe hanno trovato un’alleata nella rispettiva amica, continua ad opprimere il trascorrere delle giornate estive delle due ragazze sottoforma di sigarette fumate in continuazione mentre si guarda il soffitto o il cielo senza dire una parola, bicchieri di vino bevuti fino a stordirsi e funghi allucinogeni mangiati per cercare di darsi una “botta di vita”.

L’unico conforto al tedio della vita è il costruirsi un idolo, un’icona da adorare, tutti e tre i protagonisti infatti hanno qualcosa in cui credere: Phil trova conforto nella religione cattolica, trasformando la sua vita in una missione di redenzione del mondo intero e arriverà anche a costruirsi un mastodontico crocifisso che isserà sulla collina di fronte a casa sua che dominerà così ogni momento della sua vita come monito; Monna disegnerà il volto di Tamsin su una parete della sua camera e passerà, nell’attesa di rivederla, ore a contemplare e baciare il disegno; Tamsin invece si crogiola nel ricordo della sorella morta di anoressia e la richiamerà nel mondo dei vivi tramite una (finta) seduta spiritica.

Si sfiora la tragedia nel finale del film quando Phil, compreso il vero rapporto che si è instaurato fra la sorella e Tamsin, costringerà Monna a non rivedere l’amica, ma… meglio non analizzare oltre il finale perché rovinerei tutto, finale che comunque mi ha lasciata di stucco.

Nonostante il basso budget usato per le riprese; la macchina da presa a mano che lasciava un po’ a desiderare nelle inquadrature e soprattutto in quegli zoom un po’ penosi; la recitazione alle prime armi delle due protagoniste che non riuscivano a calarsi nelle scene più drammatiche; nonostante tutto questo, dicevo, il film è notevole per il modo in cui il regista ha scelto di interpretare una storia di questo tipo, ma il pregio assoluto va all’inquietante colonna sonora composta dai Goldfrapp (uh-la-la-la-la…) che segue, diventando sempre più ipnotica, la storia d’amore tra Monna e Tamsin, storia che è poi tratta dal romanzo scritto da Helen Cross finalmente uscito anche qui in Italia.

Unico lato veramente negativo è la figura di Phil che con tutte quelle sue manie di protagonismo, gli scatti d’ira e l’abominevole crocifisso (per il quale io e il mio compare abbiamo sghignazzato per cinque minuti buoni) non serve assolutamente all’evolversi della storia tra Monna e Tamsin che tanto, con o senza di lui, il film sarebbe finito in quel modo comunque.

7½/10

P. S.: vi siete accorti che all’inizio del film Lisa si presenta come “Monna” e da metà pellicola in poi viene chiamata “Mona” con una “n” sola?

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