giovedì 26 gennaio 2006

"Adèle H., una storia d'amore" di François Truffaut

Soggetto non originale anche per questo film di François Truffaut che si è ispirato alla storia di Adèle figlia poco conosciuta di Victor Hugo, oscurata dalla sorella più “famosa” Léopoldine tragicamente annegata in giovane età.
Ecco il perché di quel cognome tacciato nel titolo, di cui si legge solo l’iniziale; il trascrivere il cognome per intero avrebbe di nuovo spinto l’attenzione sul famigliare più noto, in questo caso il padre Victor.
Il film ripercorre solo la vicenda di Adèle dal momento in cui parte per l’Inghilterra all’inseguimento (è proprio il caso di dirlo…) di un giovane ufficiale che vuol far diventare suo a tutti i costi. Victor Hugo infatti non verrà mai mostrato, lo si vedrà solo di sfuggita (anche perché secondo me sarebbe stato veramente di cattivo gusto assumerne un sosia…).
Ma Truffaut, nonostante si sia basato sui diari di Adèle (scritti in codice e mai pubblicati in Italia), si è molto discostato dalla verità aggiungendo particolari e camuffandone altri.
Ad esempio Adèle al momento dei fatti non ha vent’anni, come si sostiene nel film, ma ne ha più di 30, il che cambia in parte la situazione: non è una giovane fanciulla in fiore che insegue il suo sfuggente innamorato, ma una donna che sa decidere per sé stessa e che vista l’età, secondo me, ha timore di rimanere “zitella”.
Le lettere inviate al padre, in realtà erano indirizzate al fratello e alcuni scritti del suo diario che vengono citati con voce fuori campo sono stati inventati di sana pianta dal regista.
Allora mi chiedo, che senso ha ispirarsi ad una storia vera quando in realtà il tutto viene stravolto dando così una visione errata della vicenda allo spettatore?
Truffaut in un’intervista relativa al film, sostenne che volle girare questa pellicola per riscattare la povera Adèle dal dimenticatoio in cui era precipitata e da cui nemmeno la pubblicazione postuma dei suoi diari era riuscita a risollevarla.
Ma in questo modo le si dà una rivincita falsata e parziale, in cui gli elementi aggiunti o modificati rendono tutta la vicenda una storia romanzata dove l’amore la fa troppo da padrone.
Il film nonostante tutto è comunque pregevole, grazie anche all’interpretazione di Isabelle Adjani che è riuscita a rendere quasi palpabile l’incontrollata passione che Adèle nutre per l’ufficiale Pinson e che l’ha portata alla pazzia. Adèle infatti morirà sola in un manicomio all’età di 85 anni.
Mi ha molto impressionata l’ultima sequenza in cui Adèle, inseguito Pinson pure alle Barbados, viene additata e quasi derisa, ormai in preda alla follia, dagli abitanti dell’isola.
Questa sequenza mi ha molto ricordato la penultima di “Lezioni di piano” di Jane Campion in cui Ada si accinge ad abbandonare la casa del marito e al cui uscio la gente la guarda incuriosita sussurrando “Poverina…!”.

7/10

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