domenica 29 gennaio 2006

"Match Point" di Woody Allen (2005)


“Match Point” si discosta molto dalle precedenti pellicole di Woody Allen: lui questa volta si è fermato dietro la macchina da presa, e con lui sono escluse anche tutte le nevrosi e le sedute psicanalitiche del cittadino medio americano, non ci sono più i grattacieli e il traffico di New York, ma la placida Londra fatta di prati sonnacchiosi ed esclusivi club privati.
Non per questo però l’ultimo film di Allen è da ritenersi poco riuscito, anzi, credo che attraverso “Match Point” Allen sia riuscito a dare un altro lato di sé al pubblico, che prima camuffava dietro la sua ironia e il suo cinismo.
Da ridere qui c’è poco, non è un’altra commedia, ma un film psicologico.
E basta.
Cosa c’entra il “thriller”? Hanno presentato questo film come un thriller, ma come si fa a definirlo tale se quel genere cinematografico subentra solo negli ultimi dieci minuti di film, dove tra l’altro lo spettatore sa già tutto? Questo è un film in cui è la passione a farla da padrone, così come la psicologia dei protagonisti e come essa viene stravolta dall’arrivo della passione, non dell’amore ma della passione, perché le paroline “Ti-amo” non sono mai pronunciate sul serio.
Per tutto il corso del film Allen analizza e psicanalizza (quindi il vecchio Allen non è sparito del tutto) i due personaggi principali, e attraverso loro mostra come la passione può far agire e scombinare anche l’uomo più tranquillo del mondo.
Il film può risultare lento e ripetitivo, alcune sequenze, infatti, iniziano e/o si chiudono con la stessa dinamica dei fatti: ad esempio il solito concerto di musica classica in cui i personaggi sono ripresi nel loro palchetto privato e Chris, il protagonista, che esce da un lussuoso negozio del centro londinese (che "simboleggia" la totale omologazione alla classe sociale di cui ora fa parte) e davanti al quale sistematicamente farà un incontro che porterà ad un ulteriore evolversi della storia.
Ma la lentezza rispecchia la vita di Chris, la noia e la routine in cui è caduto dopo che si è adattato alla classica vita dell’upper class londinese, fatta di noiose partite a scacchi, battute di caccia, i soliti fine settimana a teatro e un lavoro da dirigente.
Ecco, da questo punto di vista Chris non ha avuto molta fortuna, ma alla fine del film ne avrà eccome!
La fortuna è un altro elemento importante del film, dichiarato fin dalle prime immagini e simboleggiato da una pallina da tennis e dal titolo stesso del film (ma ormai ‘sta storia della pallina la sa anche chi il film non l’ha ancora visto...).
Ma alla fine "grazie" alla tanto agognata fortuna, Chris sarà costretto a recitare per tutto il resto della sua vita, cosa che invece smaniava di fare Nola, interpretata dalla bravissima Scarlett Johansson.

9/10

P. S.: Chris: «Dimmi il numero! Dai, dimmi il tuo numero!».
Nola: «56887031599966245537100».
Chris: «Ok, ciao!».

Mi spiegate come ha fatto a ricordarselo a memoria?

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