domenica 15 gennaio 2006

"Storie di sguardi"

Pensavo di essere l’unica ieri a non aver ancora visitato la mostra “Storie di sguardi” a Milano, essendo oggi l’ultimo giorno di apertura, invece nelle due sale adibite per l’esposizione c’era molta gente tra cui un bambina urlante e un uomo barbuto che scattava foto di straforo.
La mostra, divisa appunto in due sale, ripercorre i primi 150 anni della nascita della fotografia, partendo dal 1827 con il primo esemplare scattato da Niépce, proseguendo poi con i dagherrotipi e finendo con la seconda metà del Novecento e le fotografie di moda.
Molto interessanti le didascalie che accompagnano ogni fotografia e in cui vengono spiegati al visitatore tutti i passaggi e le invenzioni legate alla macchina fotografica e agli artisti più importanti che si sono cimentati con essa; didascalie molto più dettagliate erano stampate su tessuti rossi e appesi alle pareti.
Le fotografie esposte sono tutte riproduzioni dall’originale, tranne le fotografie e i dagherrotipi autentici esposti in alcune teche al centro della seconda sala, un peccato però non aver visto un originale di almeno una delle molte opere esposte; a colmare la sottile delusione c’erano però i tre o quattro dagherrotipi intrappolati nelle teche, di cui uno davvero singolare: una spilla rotonda d’oro (?) al cui interno era incastonato un piccolo dagherrotipo raffigurante delle fanciulle.
Sarà che preferisco gli artisti tra Ottocento e anni Trenta, ma le opere esposte riguardanti gli anni ’50-’60-’70 le ho poco apprezzate. Opere come “Ritorno alla ragione” di Man Ray o “Nudo, Parigi” di Pierre Louÿs sono entrambi dei nudi femminili come “Senza titolo (Topolino)” di Les Krims, ma quest’ultima non ha niente a che fare con il fascino suggestivo e totalmente privo di volgarità e morbosità delle opere di Louÿs e Man Ray. Ma dato che la mostra ha l’intento di ripercorrere poco più di cent’anni di arte fotografica, è giusto che ci siano anche opere di quel tipo che hanno segnato un distacco e un’innovazione da quelle prodotte nei precedenti anni (che però mi ostino a precisare sono di gran lunga migliori).
Per chi vuole saperne di più e per chi non è riuscito a visitare la mostra, è disponibile il catalogo composto da tre volumi in cui si ritrovano tutte le opere esposte e anche di più, accompagnate da un testo critico; ma la qualità delle riproduzioni su carta in alcuni casi non è perfetta.
Altra pecca le luci che illuminano le opere esposte nelle due sale, che in alcuni punti erano sistemate malamente, questo causava uno spiacevole riflesso sul vetro delle cornici che rendeva difficile la perfetta visione delle fotografie.
Nonostante questi due piccoli difetti è una mostra davvero molto interessante e utile per chi si vuole avvicinare a una delle arti più accessibili di questo ultimo secolo.

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