sabato 20 maggio 2006

"Creature del cielo" di Peter Jackson (1994)


[Ammetto di essermi persa i primi tre minuti di film…]

Basato su un vero fatto di cronaca degli anni ’50, il film di Peter-Signore degli anelli-Jackson risulta essere già dalle prime battute un po’ sopra le righe, in un misto fra drammaticità, ironia e surreale.
Le due protagoniste, una delle quali interpretata da una giovanissima Kate Winslet, sono due adolescenti alquanto strambe, sia nel comportamento che nel modo in cui passano il tempo libero insieme, speso tra fiabe, poemi cavallereschi e mondi inventati a loro piacimento in cui incontrarsi “virtualmente” quando non possono vedersi di persona.
E’ quindi una visione distorta che del mondo ci viene data seguendo il punto di vista delle due giovani; in questo modo però non si prende nemmeno sul serio tutto ciò che ci viene raccontato, e quando le amiche progettano di uccidere la madre di una di loro, colpevole di ostacolare la loro amicizia (già dichiaratamente lesbica - uno scandalo per gli inizi degli anni ’50…), mai avrei pensato che il film potesse prendere una piega così drammatica e cruda.
E sto parlando degli ultimi dieci minuti di film, perché fino a quel momento nulla faceva presagire un finale così “realistico”, nemmeno l’atteggiamento maniaco-depressivo delle due ragazze perché troppo surreale e contornato da castelli, giardini magici, principesse, banchetti a corte e visioni truculente (l’amica della Winslet, interpretata da Melanie Linskey, immagina spesso di uccidere chi odia aiutata da un suo immaginario paladino medievale munito di spada).
E’ un film che mi ha lasciata un po’ perplessa, cosa che mi era capitata con “Relazioni intime”, film inglese che presenta la stessa struttura: da una base da commedia irreale, gli ultimi cinque minuti di pellicola mostrano un finale tragico e macabro, che si discosta totalmente dal percorso seguito fino a quel punto.
Le interpretazioni di Kate Winslet e Melanie Linskey sono ottime, così come la fotografia, ma quello che lascia un po’ a desiderare è la struttura del film, troppo immaginaria per essere presa sul serio; e gli ultimi minuti - un vero pugno nello stomaco - non bastano a far tornare all’adeguata realtà lo spettatore.
Resta però da sottolineare il lungo lavoro di adattamento dei testi originali dei diari delle due ragazze, usati per scrivere la sceneggiatura, e l’uso di materiale fotografico che è stato proprio “copiato” per ricreare alcune scene del film (la fotografia di classe di Pauline/Melanie Linskey ad esempio).

6/10

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