mercoledì 3 maggio 2006

"Il giorno del giudizio" di Salvatore Satta


“Mancano solo XXX pagine, ce la posso fare!” è il pensiero che mi ha accompagnato fino alla fine del libro; leggerlo è stato un conto alla rovescia verso la libertà e un bel sospiro di sollievo.
No, non mi è piaciuto, ma se in altri casi abbandonavo a metà il libro sgradito, questa volta per principio ho voltato e letto anche l’ultima riga dell’ultima pagina, non saltando nemmeno una parola. Non poteva vincere Satta, trionfando sulla mia rinuncia.
Ci sono molti aspetti del libro che non mi sono piaciuti: lo stile di scrittura, non digeribile e noioso, e mi chiedo come si fa a definire questo romanzo un capolavoro, se scritto da un autore da sempre ritenuto altamente ignorabile [cito le parole del mio docente universitario di Letteratura Italiana Contemporanea]… La stessa trama, anzi, farei meglio a dire non-trama, dato che nella rievocazione di tutti gli abitanti di un tempo ormai lontano di Nuoro non c’è un vero filo conduttore che lega ogni storia all’altra, non presenta a mio avviso nulla che possa far indurre il lettore a proseguire nella lettura del romanzo con la smania sulle dita nel girare le pagine.
Io la smania ce l’avevo, ma di arrivare alla fine e di metterci una pietra sopra.
Se dall’inizio del libro si continua a ripetere che la tristezza pervade ogni angolo di Nuoro, cittadini compresi, dalla metà circa in poi oltre alla depressione compare anche la pazzia: quasi tutti i cittadini sono ritenuti, a torto o a ragione, dementi, per arrivare poi allo squilibrio mentale vero e proprio.
La morte incombe su ognuno di loro e il narratore (probabilmente riconducibile a Satta stesso) con il suo pessimismo precisa continuamente che ogni uomo nasce portandosi addosso il peccato originale, e che non c’è libero arbitrio nella vita: nel giorno del giudizio finiremo tutti quanti all’inferno.
Le storie degli abitanti di Nuoro si intrecciano e si accavallano l’una sull’altra, e ognuna è testimone di una vita grama e infelice; solo una coppia di coniugi si salva grazie alla (poca) felicità che trova nello stare insieme per tutta la vita, ma tutto il paese li odia perché non sa che cos’è quel sorriso sul volto della sposa e che non proverà mai.
Astio, infelicità, livore, rabbia, indifferenza, questi sono i sentimenti che opprimono il paese di Nuoro.
Come si fa a trovare piacere in una lettura di questo tipo?
Io non ci sono riuscita.

4/10

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