sabato 13 maggio 2006

Helmut Newton - "Sex and landscapes"

Atmosfera sofisticata sui toni del nero e fucsia, lastre di vetro per terra, moquette nera, poltroncine e divanetti di velluto nero, pareti completamente ricoperte di specchi, musica in sottofondo, drappi neri che nascondono piccole salette nelle quali al buio vengono proiettati spezzoni di interviste, conferenze e il dietro le quinte di alcuni set fotografici di Helmut Newton. Ecco come si presenta la mostra a Palazzo Reale (Milano) incentrata sulle fotografie del celebre fotografo di moda, che hanno come filo conduttore i paesaggi e il sesso, scattate tra la metà degli anni ’70 e il 2002.
Peccato per l’illuminazione, che passa da perfetta (nemmeno un riflesso sul vetro delle cornici, per le quali in alcuni casi era prevista un’illuminazione proprio sul retro del quadro), a pessima con i faretti direttamente puntati sulla fotografia con la luce che rimbalza in ogni dove. L’illuminazione è il solito problema in cui si incappa spesso in mostre di questo tipo.
I due argomenti della mostra sono quindi il sesso e i paesaggi, ma la soddisfazione e il piacere di guardare in formato “gigante” fotografie che hanno come soggetto dei paesaggi (vedute aeree, scorci di vita urbana, paesaggi marini), non sono state le stesse che ho provato nel guardare le fotografie che illustrano il sesso dal punto di vista di Helmut Newton.
Non vorrei sembrare la solita femminista, ma avete idea di come la donna viene da lui raffigurata?
ELLA, in qualsiasi scatto, è ripresa nelle posture più intime possibili; completamente nuda o vestita di pelle; munita di frustini e tacchi a spillo; sistemata per terra come le bambole gonfiabili di un paio di altri scatti; fotografata sempre dal basso, angolazione questa che mette inevitabilmente in evidenza il punto G, quasi con morbosa insistenza, e nel caso in cui non si veda bene (nel caso di riprese frontali), a sopperire a questa mancanza ci pensano un bello specchio o un vassoietto opportunamente inclinati.
La ripresa dal basso secondo me non indica, come si potrebbe invece pensare logicamente, una supremazia del genere femminile su quello maschile, ma anzi è solo la miglior postura per avere subito sott’occhio “l’io più profondo” della donna.
L’uomo nelle fotografie accompagna le modelle in quattro (o poco più) scatti, è sempre vestito e guarda lascivamente le nudità femminili in chiaro atteggiamento voyeuristico. In alcune fotografie è anche sostituito da una serie di pistole (e sappiamo benissimo tutti qual è il senso metaforico di quegli aggeggi), e nell’ultimo scatto in cui appare fisicamente, di lui si vedono solo i piedi che calpestano una gigantografia vaginale. Più chiaro di così.
Per Helmut Newton la donna è un oggetto, da spupazzare, guardare, spiare (“Hinterhofakt - Paris, 1974”), esaminare clinicamente.
I critici favorevoli a questo sbandieramento “vulvare” possono benissimo dire che «questa mostra fotografica mette in evidenza dei risvolti estetici, delle riflessioni socio-culturali (???) e spunti di una liberazione ed emancipazione sessuale per nulla scontata a quell’epoca (quale, prego?)», e che «Newton non ha mai mostrato le donne come semplici “oggetti”, ma come donne consapevoli di sé, della propria bellezza e del proprio potere seduttivo», ma per la sottoscritta, in veste di DONNA consapevole di sé e della propria carica seduttiva, il farsi fotografare in maniera simile oltrepassa il limite tra nudo d’autore (guardate quelli di Man Ray o di André Kertész ad esempio: nelle loro fotografie è perfettamente visibile una certa soddisfazione femminile nel mettersi in mostra, nel guardare direttamente nell’obbiettivo) e morbosità sessuale.
Newton ha solo soddisfatto una sua voglia erotica con lo scattare simili fotografie, che definirle sotto la parola “Sex(and landscapes)” è un concetto troppo vasto, dato che l’unico soggetto mostrato è, appunto, la donna. Parlerei di “Sesso” nel caso sia mostrata anche la parte maschile.
Ribattezzerei quindi la mostra “Vulvas and landscapes”.
Buona visione.

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